Nine eleven, dieci anni dopo. Era un pomeriggio caldo ed afoso di fine estate, una giornata come tutte le altre, nè più nè meno, fino a quelle interminabili ore, poche ore, che cambiarono indelebilmente il destino della nazione più nazione di tutte, dell’economia e del sistema più solido e, forse, anzi certamente, di tutto l’Occidente.
 
Una guerra arrivata dai cieli, in pieno giorno, in diretta mondiale, che nessuno si aspettava, a cui neppure l’occhio più cinico poteva credere, se non dopo qualche giorno di accurata e commovente riflessione. Dopo Ground Zero nulla è stato più il medesimo. Gli States, l’Europa ed il mondo più ad occidente hanno dovuto abituarsi ad una nuova e terribile consuetudine: il rapporto diretto con l’allarme terroristico, con la paura. Bush & co. ci hanno messo molto del loro, prendendo la questione troppo di petto, spostando l’attenzione tutta sulla controffensiva, sulla lotta al Male assoluto, vedendo armi anche dove non vi erano, incrementando per trilioni di dollari le spese militari, acuendo la psicosi che, forse, solo in questi ultimi tempi con la cattura di Bin Laden, in America si sta man mano dipanando.
Ed il bilancio, ad una decade di distanza, è che quel tremendo giorno ha influito e sta continuando ad influire pesantemente sull’economia degli Usa e, di rimbalzo, dell’Europa tutta. Da una parte la lotta al terrorismo, lunghissima ed arci dispendiosa, che non porta i risultati previsti, mentre dall’altra parte del mondo, ad Est, paesi che certificano le loro potenzialità economiche a colpi di incrementi di Pil a due cifre, consacrando India e soprattutto Cina nuove superpotenze della crosta terrestre. Di qua, invece, dalle parti di Bruxelles, una grande paura che il debito possa sommergere il vecchio continente, e che si ritorni a parlare di 11 settembre finanziario.
 
Ho divagato, forse troppo, solo per cercar di chiudere un cerchio che la storia, con le Tween Tower, ha voluto aprire, ma che, per ciò che ha prodotto e che tuttora sta producendo, pare non aver ancora definitivamente pronunciato la parola fine.
 
Parola che, ora, va a chi, quel tristissimo giorno, era là, nella Grande Mela, e ci era andato per farsi un’esperienza importante, professionale e di vita al tempo stesso, ma che dopo qualche giorno dal suo arrivo fu turbata da quell’immane Big Bang, che non può e non potrà mai dimenticare, e che conserva e porterà appresso a se’ sino alla fine dei suoi giorni.
 
Sono le parole e le sensazioni che ci ha regalato Davide L., tranquillo trentacinquenne del cento-pievese, rispetto a quello che è il suo pensiero a distanza di un decennio, lui che era là, lui che sentiva quegli odori, lui che ha annusato quell’aria intrisa di polvere e morte. Vi propongo, cari blogghisti, il ricordo di Davide, integralmente riportato dalla sua viva e commossa scrittura. E, leggendolo insieme a voi, lo voglio ringraziare di cuore per aver dato a noi tutti la possibilità di renderci partecipi di parte del dolore che ha flagellato gli Stati Uniti d’America.
 
“Non potro’ mai dimenticare quel terribile giorno dell’11 settembre del 2001,  in cui la città più cosmopolita del mondo, New York, ha visto scomparire per sempre nell’impotenza i grattacieli del World Trade Center, crollati in seguito allo schianto provocato da aerei condotti da terroristi che improvvisamente si sono abbattuti senza pietà sulle torri gemelle. Tanti morti e tanto dolore, un dolore ed una sofferenza che non hanno ancora abbandonato chi ha perso in maniera così atroce i suoi cari, un dolore che deve essere un monito per tutti noi a non dimenticare. Non esiste una data che si sia impressa così profondamente nella memoria collettiva come l’11 settembre 2001. Ed il mio ricordo è tanto forte quanto intensi furono quei momenti, che ho vissuto dalla vicinissima Manhattan, in cui ho potuto soprattutto apprezzare ed ammirare la forza e l’immensa dignità di un popolo, quello americano che, pochi istanti dopo il crollo della seconda torre, educatamente e diligentemente procedeva a piedi evacuando la “zona di collasso”, con un dolore immenso dentro il cuore, ma a testa sempre altissima. Che gran gente quella americana, orgogliosa, che ama la patria come nessun altro, e sempre pronta a rialzarsi, anche dopo una simile mazzata. 
L’attacco alle Torri Gemelle è stato così sconvolgente per tutti da segnare in maniera indelebile quel giorno e quel mese del calendario, tanto da rendere superfluo specificare l’anno in cui quello schianto terribile avvenne. Il dramma accaduto dieci anni fa a New York si è fissato così intensamente nel ricordo di ognuno di noi che, come per nessun altro avvenimento della storia recente, non siamo in grado di ricordarci perfettamente e con esattezza dove eravamo e che cosa facevamo in quei momenti. 
Il mio pensiero voglio rivolgerlo in onore ed in ricordo di tante madri, di tanti papà, di tanti figli che non sono mai tornati a casa e di tutti i vigili del fuoco che hanno sacrificato la propria vita per salvare tanti esseri umani.”
 
 
Davide L.,  l’11 settembre di dieci anni dopo
 
 
 
 
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