Non sono servite le esortazioni di alcuni quotidiani, non è ovviamente contato a nulla il grido “maiale, maiale” dell’ex amico camerata Ciccio Storace, e sono valsi a ben poco gli svariati appelli che si sono susseguiti tra opinione pubblica e scranni parlamentari, piovuti non solo dalla sponda ex-maggioranza.

Ma lui no, no, e poi no ancora. Lui, il Signor Tulliani che è partito da esegeta di Italo Balbo per poi ritrovarsi miseramente tra le marachelle del cabarettista Italo Bocchino, ora come non mai è sempre più inchiodato nell’Aventino di Palazzo Montecitorio, in quella poltrona presidenziale che da ormai un anno e mezzo non gli appartiene più.

Il transfugo (ma anche trafugo) Gianfranco se ne fotte altamente delle promesse fatte, se ne frega totalmente della parola data, se  ne infischia di brutto di occupare indebitamente ed abusivamente lo scrannone della terza carica dello Stato. Mica bruscolini. Mica un qualsiasi monolocale di Boulevard Princess Charlotte. E forse proprio l’esperienza impunita ed insabbiata della maison Tullianì, ha caricato a mille l’ex missino, rinsaldando nel suo orgoglio iperbolico la convinzione sempre maggiore che l’avrebbe potuta far franca anche alla Camera.

E così, il Gianfranchino nostro, Re dei molluschi e numero due a vita, approfitta furbescamente e vilmente del trapasso governativo per rimanersene lì, fermo ed immobile, grinzo e bello che abbronzato, ma sempre raggrumito su posizioni degne delle occupazioni oltranziste da centro sociale, degne delle sue ultime visioni politiche che più inutili e fumose non si può, degne di un personaggio che ha preso i voti di oltre il dieci per cento dell’elettorato, per poi cestinarli con disprezzo e snobbismo aberrante, mettendo in piedi un mezzo movimento di quattro gatti randagi che è molto più vicino alle convinzioni di Nicolino Vendola piuttosto che a quelle di Alemanno.

E, quel che più fa rabbia, mantenendo ben stretto ed incollato a se’ il cadregone parlamentare, rendendo la sua posizione non solo indifendibile e paradossale, bensì anche grottesca ed irridente. Se da una parte non si può che nutrire compassione per la triste e misera fine politica di un personaggio che allo stato attuale conta poco più che Mastella, dall’altra siamo al cospetto di un’occupazione assurda ed infinita che grida vendetta. Perchè ottenuta prima con la corsa all’incasso delle urne e poi con il più vile dei tradimenti alla gente, al popolo, alla democrazia.

E allora, mlonnati e non di tutto lo stivale, amanti e nostalgici dei valori umani e rispettosi galantuomini della parola data, uniamci a coorte per mandare un ulteriore e decisivo segnale al Presidente più abusivo e ridicolo della storia Repubblicana, e firmiamo con decisione l’unico ed inimitabile progetto “FINI VATTENE!”. Per porre fine allo stupro perdurante di Montecitorio, per dire basta allo scempio politico ed istituzionale del Signor Tulliani. Che se ne torni al bar coi quattro amici di Fli, che se ne stia tra i banchi terzopolisti di chi vende nebbia e filosofia politica incomprensibile. Se proprio te serve ‘na camera, a Gianfra’, vattene a Montecarlo, nella casettina comprata a tua insaputa. E stai assieme e beato ai tuoi nuovi compagni confindustriali, da “occhialino al caviale” Della Valle, a Luca Luca “rugoso” Montezemolo. E parla pure con loro di grandi sistemi e dell’universo mondo, nella tua nuova ed illuminata fase da snob dell’intelligentia.
L’importante è che alla Camera, quella nostra, nun te devi fa’ più vede’.

Vattene! Vattene! Vattene!

Dimettiti! Dimettiti! Dimettiti!


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