Si chiude (grazie a Dio) la kermesse più discussa, discutibile, polemica e delirante della storia sanremese. Sarà trasmessa ai poster come l’edizione di Celentano, non certamente della vincitrice Emma. Come quella della Lei, mica di Noemi e Arisa. Come quella di Mazza e Mazzi, nulla affatto per i mal riusciti duetti italo-stranieri. 
 
E’ stata l’edizione degli annunciati e mai compiuti commissariamenti (nel più classico italian style) e dell’ipocrisia più puritana contro una manciata di parolaccie ampiamente sdoganate già nel secolo scorso. E’ stata la fine di un’era, sicuramente quella di Morandi, arrivato esausto al traguardo tanto da lasciare la sentenza finale ad Antonellona Clerici. Potrà essere però il Festival del giro di boa, del punto di non ritorno, perchè così è assurdo continuare. Presentatori che non sono presentatori, valletti attori inadeguati, vallette slogate ed incapaci di intendere (italiche escluse), predicatori che sparano su chi li critica e che poi leggono a fatica il gobbo.
 
E poi direttori e segretari d’azienda che s’incazzano con gli artisti che loro stessi hanno scelto, direttori di rete che provano a rimediare facendo ancor più danni, e responsabili artistici che annunciano le dimissioni al mondo intero, per la serie chissenefrega. La cinque giorni sanremese ha espresso tutto il Carrozzone Rai elevato all’ennesima potenza, con ascolti che salgono solo nel corso dell’ora e mezza del Molleggiato, con la materia prima-cantante relegata a mera comprimaria, a far da sfondo al magic-moment che tutta Italia attende per preparare titoloni e combutte nazional popolari nell’immediato day after. Lo spettacolo del Festival è specchio di una gestione televisiva di Stato che ha da cessare, con il consueto quanto indesiderato rimbalzo di responsabilità che pare essere fatto apposta per alzare il livello polemico e dello share. Perchè Sanremo è Sanremo. Che però siamo anche noi, e anche per questo gradiremmo che lo spettacolo fosse almeno di prima qualità, visto che per una settimana ci viene azzerata in toto la concorrenza televisiva.
 
I vertici Rai-politici dovrebbero interrogarsi su cosa serva organizzare una manifestazione canora che non è altro che una seconda sfilata di talent show e dove l’unico acuto di novità è dato dal playback della piagnucolosa Bertè. Gli ascolti e le inserzioni pubblicitarie valgono ancora la candela, ma la formula è ampiamente inadeguata e lo show da riformare. Se davvero sarà Fiorello la ventata d’aria fresca del festivàl, è necessario che canzoni e cantanti tornino in scena sul serio, ed i riflettori vadano a scovarne ogni loro pregio e difetto. Come si fa ad X-factor, ma anche ad Amici. Ed eliminare per sempre ogni vessillo medioval-canoro, perchè altrimenti anche Sanremo finirà come Miss Italia. Nel calderone dei ricordi sbiaditi della prima Repubblica.
 
I voti (temutissimi) della redazione sanremese di OSE:
Morandi Gianni: 5,5 – non basta essere icona nazionale ed eterno ragazzo per saper condurre. E’ sempre fuori fase, mette a disagio gli ospiti (magistrale con Pellegrini e Feliciano), anche se il suo annaspare sul palco in fondo fa simpatia. Tiene a bada e poco in mostra le mani-badili, ma nulla può col valletto Papaleo. Infinita sofferenza.
Belen & Canalis: 7,5 (8 l’argentina, 7 l’ “americana”) – col senno di poi si poteva far a meno della ceca. Duo collaudato, con la signora Corona nella parte di bomba-sexy senza eguali, e la sarda ben calata nel ruolo di comprimaria senza invidia. La farfallina è un’opera d’arte contemporanea, e chi la bacchetta è perchè rosica di brutto. Belle e brave.
Mrazova: NG – bloccata prima, bruciata poi. Sex appeal non indifferente, la Erzigova dei tempi nostri viene però utilizzata poco e male. Due scalinate con un vestito in stile Belèn-condicio, un mezzo “passo della foca” e tante pose inconcludenti a togliere e mettere e imbarazzo alla coppia meno presentatrice della storia. Mal gestita.
Papaleo Rocco: 4,5 – la colpa non è sua, ma di chi gliel’ha messo. Ci mette però del proprio. L’inizio pieno di tintura e di emozioni fanciullesche promettono bene, poi la foca, il lupetto nero e quegli occhi costantemente persi e sbarrati distruggono tutto. Si sforza, ma alla fine è utile solo a portar via i premi dei Giovani. Pesce fuor d’acqua.
Siani Alessandro: 5 – è la sua immensa occasione, ha l’argento vivo addosso, ma vuole strafare. Non è a Zelig, e nemmeno a Fuorigrotta, e dovrebbe saperlo. Ma si ostina nel perseverare diabolicamente con monologhi in dialetto puro, inneggiando poi all’unità d’Italia. Risultato: incomprensibile. E gli applausi un inno alla retorica più banale. Fuori luogo.
Paolo e Luca: 7,5 – tempi comici e televisivi senza pari, nel genere sono i numeri uno. Anche se il brodo iniziale è allungato un po’ troppo. Redarguiti per i vari “cazzo”, “vaffa” e “cogl..”, con Radio 1 Rai che addirittura li sfuma mandando gli aggiornamenti di Leverkusen-Barcellona (vergogna, Corsini!). Tornano il sabato, diventando “vittime mascherate”. E riescono bene anche in questo. Una certezza.
Mazzi Gianmarco e Rai tutta: 4 – chiamano Adriano poi se la prendono perchè fa il Celentano. Fanno aprire a Luca e Paolo, e si lamentano perchè parlano come han sempre fatto. Morandi e Papaleo non ci azzeccano nulla, le star straniere sono bollite o steccano, ed il ritmo è lento, prevedibile e farraginoso. Arrivederci e grazie.
Maria Giuseppina Cucciari (in arte Geppi): 8 – la migliore, per distacco. E infatti è relegata quasi a valletta. Esilarante e mai banale, frizzante e sempre sul pezzo. Con quella mimica facciale da vispa-tonta che ne fa una primattrice. Ottima la discesa scalza dalla scalinata, grande la presentazione di Morandi. Ma Gianni è già andato, e non riesce a seguirla. Predica nel deserto.
Il metodo di voto: 3 – tanto caos e troppi scaglioni. E’ possibile che il voto della stampa venga effettuato dopo aver comunicato l’ultima classifica prima della finale? Non sarebbe meglio tenerla segreta prima della consegna della golden share? Per non parlare del podio, assegnato con una manciata di minuti di televoto. Tutto da rifare.
Le clack dell’Ariston: 2 – il peggio del Festival, per distacco. Stanno con Morandi, appena lo vedono in difficoltà o quando lancia goffamente l’ennesimo “stiamo tecnici”. Stanno con Adriano, scrosciando e spellandosi le mani quando chiede la chiusura di due quotidiani o dà del deficiente ad un critico televisivo. E voltano beffardamente le spalle a Papaleo, che invece è l’unico che avrebbe bisogno d’affetto. Vecchio vezzo italico.
Celentano Adriano: 5 – facesse solo il cantante sarebbe da 7, ma purtroppo si ostina a straparlare a ruota libera e caotica, inveendo contro chi si era permesso di contestarlo. Da sempre paladino della libertà di stampa, chiede la censura e la sprangata di due rotative. Se la prende poi con i preti di paese perchè non annunciano la parola del Signore (o giù di lì) con un attacco frontale estemporaneo, senza dettagli e campato per aria, perchè nè argomentato nè tanto meno giustificato. Così è facile, si spara a zero su quello che ci salta alla mente, mandando affanculo a destra e a manca, senza spiegarne il perchè ed il per come. La serata conclusiva è un misto tra faticose letture sul gobbo, fischi plateali e ottimi pezzi con e senza Gianni. Auditel e share gli danno ragione, ma il suo tramonto ha oramai fatto breccia, con o senza beneficenza. Bisbetico dorato.
 
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