Alfredo Provenzali era molto più che un semplice radiocronista Rai della domenica. Alfredo Provenzali era  la Voce della domenica. Per oltre vent’anni è stato un compagno di viaggio pomeridiano indimenticabilmente unico. Ed anche dopo l’ascesa delle tivvù a pagamento che hanno stravolto e spalmato la A in quasi una settimana di abominevole spezzatino, l’orecchio alla radio glielo buttavi sempre e comunque, e la capatina a Tutto il Calcio era, rimane e rimarrà un qualcosa di indispensabile e vitale. Anche grazie ad Alfredo.

Provenzali era il grande Maestro cerimoniere della cinquantenaria trasmissione marcata Radio1, il maitre chocolatier che sapeva gestire con sagacia tattica e signorilità professionale quella banda di ottimi inviati dai campi che nulla hanno a che vedere con l’irritante mondo dei buffi cronisti televisivi. Alfredo Provenzali era unico, anche se i più (e meno informati) dell’epoca sovente lo confondendo con un altro Tenore che rispondeva al nome di Enrico Ameri, cui era legato da quell’adorabile timbro ultra chiaro e nasale, a cui ha saputo aggiungere quel retrogusto inconfondibile dal sapore leggero e soave. Era un piacere ed un sollievo ascoltare ed udire le introduzioni alle giornate di campionato narrate epicamente dal buon Provenzali. Era il momento in cui ogni senso morale e corporeo andava nella giusta direzione. L’animo era sereno e compiaciuto, il cuore pulsava ritmato e felice allo scandire dei campi, l’adrenalina scorreva veloce ma controllata, e le papille gustative secernevano acquolina alla bocca per la spasmodica attesa del fischio d’avvio. Provenzali era un po’ come la quiete prima della tempesta, con quell’ immarcescibile stile genovese-oxfordianoche riusciva a mettere ordine e linearità ad un mondo che da lì a poco sarebbe esploso nel guazzabuglio più completo.

La maestria con cui coordinava i Cucchi, Repice e Gentili (nemmeno parente di quello attuale, ndr) oltrepassava  l’esemplare, e l’eleganza sempre formale con la quale rimbrottava qualche sbadato collega che dimenticava la scaletta o perdeva il senso del tempo (memorabili i richiami al mitico Ezio Luzzi, ndr) erano e rimarranno nei secoli attimi e frangenti di normale ed assoluta eccitazione radiocalcistica. Per quelli, come noi, che amano e pretendono la competenza unita alla moderazione – ma anche il sarcasmo e la fine ironia – e che sono ancora così tremendamente legati a quel pallone dei Settanta e Ottanta, così capace di farci vivere e sentire la vera grande essenza del Calcio, fatto di dribbling e tackle scivolati, di corner e colpi di testa, di contropiede e fuorigioco. Di cose semplici e lineari, che in un attimo possono diventare superlative e magnifiche. Come il Nostro Alfredo, modesto e morigeratissimo, immerso negli studi di Saxa Rubra fino alla fine dei suoi giorni, con quel cuffione ben incastrato  sul capo semi chino, senza mai pronunciare alcun eccesso verbale e dialettico. Senza mai sbraitare, con quell’educazione mai ostentata che oggi è merce rarissima, ma assai preziosa. Più di un signore, meglio di un professionista. Un esempio inimitabile e cristallino.

Lo vogliamo ricordare così, l’Alfredo, con le cuffie che gli scompigliano la poca e canuta chioma  svolazzante, con quell’eccesso di mandibola che forse è stato parte del suo segreto d’eloquio, con quella giacca a quadri anni’50 completamente intrisa di acqua di colonia, e quell’occhiale che gli scivola sulla grossa narice, salendo e ricadendo di repente ad ogni collegamento con gli stadi domenicali. Da San Siro a Marassi, dal San Paolo al Dall’Ara, dal Comunale all’Arena Garibaldi. Con quello sguardo triste e severo che impartiva la regìa, e con quell’aria semplice e distinta di chi sa di aver vissuto ed amato per le sue grandi e mai tramontate passioni sportive. Nuoto e fùtbol.

Ciao Alfredo, senza il tuo stile la domenica non sarà mai più la stessa.

 

 
 
“Se una partita viene raccontata per radio e gli spettatori sono 500 mila invece che 6 milioni, io ho trasmesso 500 mila partite diverse, perchè attraverso quello che io dico, io ho detto, io ho sentito, ognuno da casa sua attraverso l’apparecchio radiofonico si è creato la sua partita, si è creato il suo evento“
(Alfredo Provenzali)
 
 
 
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