Tifoso Juve: “I napoletani sono ovunque, quindi non è che possiamo considerare Sud, Centro, Nord. Sono ovunque. Un po’ come i cinesi”
Inviato Tg3Regione Piemonte (Giampiero Amandola): “E voi li distinguete dalla puzza, con grande signorilità (risata)”
Tifoso Juve: “Molto elegantemente, certo” 
Questo lo stralcio dell’intervista “shock” che è costata la sospensione ad Amandola, oltre all’ennesima baruffa e guazzabuglio di ipocrita moralità che si è levato assordante dai banchi del buon giornalismo italico, tanto da costringere quella manica di bigotti di Viale Mazzini a procedere con la più classica e scontata delle lapidazioni evangeliche. Che lo abbia fatto Mamma Rai non stupisce ne’ fa più scalpore, sapendo quanto è lunga la lista degli esiliati dalla tivvù di Stato. Citiamo solo il mitico e povero Beppe Bigazzi, che fu spazzato via solo per aver spiegato l’esegesi romantico del gatto-coniglio. Senza però aver fatto i conti con la potentissima casta degli animalisti, che chiese ed ottenne prontamente la testa rantolante del Bigazzone nazionale.
 
 
Ma che però oggi salgano sul carro dei finti perbenisti a tradimento anche lor signor giornalisti (sportivi e non) beh questo sì che lo trovo di un gusto assai pessimo e becero. Tanto ora tutti lo fanno per mettersi dalla parte del Bene, e contro quel razzista di un diavolo a due teste dell’Amandola. Che stava semplicemente cercando di far pronunciare il proprio interlocutore non propriamente oxfordiano. Senza usare per forza il politically correct, senza annuire papagallescamente come fà il novantanove punto nove per cento dei super melassati intervistatori italici.
 
Giampiero Amandola è assolutamente innocente, ed anzi, è da prendere ad esempio per tutta la classe, per tre semplici ragioni. Prima: visto che il lavoro dell’inviato e di colui che utilizza per professione il microfono è quello di far uscire notizie, oltre che sensazioni e stati d’animo, l’Amendola ha esercitato perfettamente questa mission nell’intervista al tifoso terrone-juventino. Seconda: la frase incriminata esce sì dalle labbra di Amendola, ma serve solo come stratagemma per imboccare il tifoso, per fargli dire o confermare quanto ti più volgare ha poi dichiarato. Terzo: il razzismo non c’entra un bel nulla, perchè le parole dell’intervistatore sono utilizzate esclusivamente come veicolo giornalistico per far uscire all’intervistato, come in questo caso, anche le peggiori nefandezze. E neppure puo’ essere associato alle frasi farneticanti del barbuto bianconero salentino, che con tutta probabilità voleva soltanto farsi bello e cazzuto davanti a tutto il regno sabaudo.
 
Giampiero Amandola ci ha fornito uno spaccato di una parte – minoritaria o meno – dell’animale “tifoso da stadio”. Nella fattispecie quello juventino di quel sabato contro quel particolare avversario. Nulla di più. Niente di meno. Ha fatto, in soldoni, il suo mestiere fino in fondo. Osando, carpendo e cercando di far manifestare all’interlocutore quello di cui non vorrebbe mai parlarti. O, come per il tifoso di sabato, quello che non vede l’ora di dirti.
 
Perchè è questo, signore e signori del Vaticano Rai, ciò che deve saper fare un vero e buon intervistatore. Usando anche questo tipo di semplicissime e basilari tecniche di comunicazione. Che non c’entrano un emerito mazzo con il razzismo ed i suoi finti derivati morali.
 
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