Sembrava essere una pura formalità. Pareva che il Cav dovesse ritoccare al rialzo i propri exit nell’ultima settimana prima della quiete dei sondaggi. Era certo che l’apparizione in seconda serata da Telefono-Azzurro Floris potesse dare l’accelerata decisiva per mettere la freccia sul sorpasso di Crapapelata Bersani. E invece – contro ogni previsione – abbiamo assistito al capolavoro tecnico-tattico-attendistico del conduttore più secchione e british del Belpaese.
Dopo l’anticamera attendendo il turno come dal dottore e aspettando le piccole scaramucce soporifere degli altri mezzi-big in studio, Silvio nostro si presenta alla platea di Rai 3 col solito cerone gioviale, ma visibilmente provato e fuori fase. Si può già scorgere ed intuire che per lui non sarà certo una serata da esuberante pulizia di seggiola.
L’astuto e furbetto Giovannino si mostra come sempre assai abile nell’accomodare l’ospite sullo scranno dell’intervistato. Ma stavolta il buon Floris ha quel quid in più, e pare fin da subito affilato e tagliente come il bisturi di un chirurgo sadico e glaciale. Così, mentre al contrario era apparso troppo protocollare ed accondiscendente con la novità-Ingroia, ecco che con l’amico-Cav quel secchione occhialuto di origini sarde si rifà con gli interessi delle poco gradite intrusioni telefoniche che ha dovuto patire e subire da parte dell’ex premier.
Dopo averlo messo comodo facendogli raccontare una qualche sua tiritera favolistica riguardo al proprio immane impegno umanitario nel caso di mancata ridiscesa politica, ecco che il pacatissimo Giovanni entra ben presto nel merito della questione pratica del giorno: la promessa di restituzione dell’Imu. E da questo momento il grande munifico castello di sabbia del Presidente inizia pian piano, ma inesorabilmente, a sgretolarsi. L’andatura di Floris è lenta ma incalzante. Docile ma spietata. Distaccata ma pungente.
Il conduttore inzia a tramortire l’avversario con una serie di stoccate tanto precise quanto puntuali. Tanto semplici quanto efficaci. Gli basta pressare la sagoma di cera sui finanziamenti necessari per garantire il rimborso-Imu, ed ecco che la parrucca del Cav inizia a perdere colla da tutti i pori. In punta di piedi e quasi con fare informale, Giovannino de no’ altri spinge e stimola Silvio ad un’affannosa rincorsa sugli specchi. E ad una serie di circoncisioni nette e palesi che rendono il Berlusca piccolo piccolo (non solo di centrimetri). Facendogli il tacco e il controtaccotto.
“In pratica la restituzione Imu è un’operazione a debito su basi non certe“. La stilettata va a segno, e Berlusconi caracolla affannosamente, biascicando parecchio e cercando di rilanciare la terra promessa, sconfusionando e balbettando ulteriormente. Il Cav è alle corde. E, seppur provato e non propriamente in serata-Travaglio, poche volte lo si era visto andare knockout come a casa-Floris. Tanto che all’interruzione pubblicitaria il Cavaliere – ancora ovviamente in diretta – si affretta a demandare il bis d’acqua, tentando invano di rimpolpare una salivazione giunta oramai a livelli-Bersani.
Così, al ritorno dal break, è un gioco da ragazzi per l’allegro Floris affondare altri colpi nel costato di un Berlusca sempre più in confusione ed in balia dei sui prosaici e tedianti ritornelli elettorali (Costituzione, decreto legge, dopo 600 giorni torna in Parlamento, e di nuovo daccapo…). La domanda tranello sulla mancata candidatura a premier è un assist fin troppo semplice per rinfacciargli la scelta-Alfano. Che Berlusconi replica definenfdo il delfino “il miglior attore della politica italiana“, facendosi un clamoroso autogoal e affossandosi definitivamente.
Il fare gentile e sagace del conduttore è criptonite per il muscolare Silvio. Così spavaldo e burlesque quando si trova in gabbia contro tutti, così piccolo e inconsistente nel faccia a faccia sui temi reali e tangibili. Se lo provochi e lo denigri con quell’aria da superiorità santoriana, mister B. diventa una belva e ti sbrana in mezzora. Ma se lo metti a suo agio, lo coccoli e poi lo incalzi pacatamente sulla pura concretezza delle sue proposte schock-elettorali, ecco che che il leone si tramuta in un micino indifeso, alla ricerca disperata ed inutile di giustificazioni e colpi ad effetto che – ahi lui – stavolta non arriveranno.
Sulla gestione e nomina dei candidati pidiellini Floris neppure affonda il colpo più di tanto, acuendo comunque alcune contraddizioni di Harcore sul tema del tradimento facile dei propri alleati politici. Ma quando poi il Cavaliere si autonomina il miglior allenatore – ops, imprenditore – dell’intera storia italica, con Floris che sarcasticamente e con quel sorrisino irridente tra il buffo e il faceto gli chiede simpaticamente di fornirgli la fonte (un po’ come si fà col nonno rincoglionito), beh allora si capisce che il cappotto presidenziale è stato ampiamente servito. Nonostante gli schiamazzi e le grida di calore delle ultrà-Amazzoni presenti in platea a sostegno di Re Silvio.
Forse a livello di sondaggi elettorali il colpo-Floris non inciderà più di tanto sull’aggancio oramai certo dei berluscones alla banda Bersani-Vendola, anche perchè il livello di ascolti non è minimamente paragonabile alla finale di Champions andata in onda ad Annozero. Ma ha rappresentato comunque, e più che mai, il miglior manifesto elettorale possibile sull’attuale stato di inconsistenza del Berlusconi 2.0. Ancora vorace ed energico dal lato emozionale e sulla presa della pancia propagandistica, così zero-credibile e tenero come un grissino alla prima semplice ma efficace domanda sul percome ed il perchè delle proprie boutade elettorali.
Bastava così poco per far crollare il castello di Arcore. Bastava soltanto trovare un giornalista che sapesse fare serenamente e cinicamente il proprio mestiere. Onore a te, allora, Giovanni Floris, ilare intervistatore de nò altri.