La vicenda dell’Oscar masterizzato è tremendamente serissima e labile allo stesso tempo. Una leggerezza, un cazzata, ma anche un errore consistente seppur banale . Che potrebbe costare la vita a Fare. E a centinaia di migliaia di sogni di elettori che hanno voluto e vogliono finalmente credere in qualcosa di vero, credibile e pulito.

Perchè siamo all’ultimissima curva che precedede il rush elettorale, che per Giannino & co. rappresenta il quorum strettissimo e paradisiaco dello sbarramento camerale, quel 4% che oramai pareva essere ampiamente alla portata dei neo liberali italici. Ma questo autogoal rimescola ulteriormente, e potrebbe rappresentare un ostocolo insormontabile per la compagine anti-declino, anche per il fatto che il camaleonte Silvio è voracissimo di questi grossi ed appetitosi pescioloni comunicativi.

 

 

Oscar ha sbagliato, senza se, senza ma, senza master. E’ giusto dirlo, ma forse era il caso di farlo subito, e con più fermezza e veemenza, come ci aveva abituati l’Oscar. Come fatto in giornata, ammettendo pubblicamente l’errore, e chiedendo solennemente scusa a tutti, gianniniani o meno. Mentre la smentita di Matera – e soprattutto  la successiva risposta sul sito di Fare –  erano parsi assai più lacunosi e arrimpicanti. Perchè quando Giannino parla di equivoco deve sapere che siamo nell’era dell’ app & network e che, se una bugia ha le gambe corte, figuriamoci quanto sia mozzata una minchiata di stampo politico.

 

 

Ed è stato un errore ulteriore il tentativo immediato di annacquare e non fermare da subito l’emorragia dello tsunami Zingales, senza essere risoluti e netti fin dalla fase embrionale, senza se e senza ma. Anche perchè in campagna elettorale ogni mezza smentita puo’ portar via interi pallet di voti. E minare soprattutto la credibilità di un movimento autogestito che in cento giorno ha fatto i miracoli, e che non vuole bruciare tutto per un’eccesso di curricula del suo mitologico e sgargiante condottiero.

Il peccato esiste, ma la confessione pure. E la redenzione anche. Se poi si considera che l’intero bubbone – apparso un secolo per gli anti declino – si è risolto nello spazio di neppure quarantotto ore. E le dimissioni di Giannino (che con ogni probabilità saranno presentate in giornata per essere respinte all’indomani, ndr), con tutto il rispetto per le posizioni arci-coerenti ed estremamente etiche dello Zingales, ad oggi significherebbero follia pura. Non per benaltrismo, di chi come dice che trattasi solo di peccatuccio veniale, e che nel pianeta dei Batman & Belsito questa dell’Oscar non è che una goccia vaporizzata in un mare di melma stagnante. E neppure per classica generalizzazione da vizio italico, tanto tutti rubano, e noi che che abbiamo fragato appena un bruscolinpo “a medaja ce devono dà”.

Le dimissioni dell’Oscar sarebbero tanto assurde quanto il riconoscimento della nipote di Mubarak per il semplice fatto che trattasi di questione di lana caprina. Stiamo parlando (con tutto il rispetto e l’encomio) di un mezzo master della Chicago Booth, mica di aver rubato o camuffato lauree in Albania piuttosto che gestito quotidianamente mazzettini da 500 euri per Sua Sanità ?! Eddai. Suvvia. Dai nèn. La sparata e l’abbandono di Luigi Zingales è assolutamente legittima (seppur puzzi assai ad appena 4 curve dal voto), ma come del resto lo deve essere anche la difesa dell’assoluta incolumità del leader di Fare.

Giannino non puo’ e non deve mollare. Perchè non può demolire tutto per una battuta televisiva e tre righe di Cv trasferiti da Wikipedia al sito dell’Istituto Bruno Leoni. Perchè assieme a lui hanno sperato e stanno sperando una marea di elettori che stanno combattendo una guerra senza frontiere e senza etichette, una contro le promesse cerate ed imbarazzanti di Harcore, e l’altra contro il più retrogrado medioevo Camussiano targato Gargamella. Ora, la frittata è fatta e servita in parte sul tupè del Cav. ma, se gestita bene e senza ansiolitici, potrebbe rappresentare un superlativo energizzante per la Giannino band. Perchè, arrivata prima dell’urna, sarebbe il definitivo lasciapassare per iniziare sul serio a camminare con le proprie gambe. Senza se, senza ma, senza master. Sbarramento permettendo.

 

 

 

 

 

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