Al Quirinale qualcosa si muove. Mentre lo stallo infinito governativo made in Bersani si avvia verso il secondo mese di folle e testarda apatia, al Colle quanto meno si inizia a scorgere il traguardo. Dopo che le trollate-hackerate Quirinarie della banda-Beppe hanno confermato finalmente una volta per sempre che la democrazia elettiva della Rete è un boiata pazzesca (perchè ingestibile e non applicabile), e che 48.000 click non rappresentano manco il cespuglio di Casaleggio, ecco che la vittoria della Gabanelli nasconde invece (nemmeno troppo velatamente) il vero candidato dei five stars. Che con ogni probabilità sarà il 12° Presidente della Repubblica italica.
Parliamo ovviamente di mister privacy Stefanone Rodotà, divenuto il cavallo su cui punta Grillo dopo gli scontati dinieghi di Strada e soprattutto di Mamma-Report, che però si è voluta prendere una notte di riflessione per pensarci. Nulla di cui stupirsi, oramai. Rimaniamo sempre e costantemente nel campo della lucidissima follia della real-politique 2.0. Anche perchè il comico de nò altri sosterrebbe Milena Jole dopo aver distrutto, demolito ed aberrato fino a l’altro ieri l’intera architettura giornalistica di Viale Mazzini. Ma tanto, si sa, somos todos caballeros…
Grillo apre per la prima volta a Bersani, e lo fa sul nome di Rodotà. Promettendo addirittura di non pijarlo più per il culo, a Gargamella. E questo è già un passo avanti enorme per la dignità fantozziana del miglior amico del giaguaro. Ma il balzo di Pennellone Rodotà in cima al novero dei presidenziali non è sarà certo determinato solo dal pronunciamento del Beppe nazionale. Anzi. E ora vi spiegheremo il perchè. Ma soprattutto il per come.
Oggi Pierluigi e i suoi formalizzeranno la rosa ufficiale dei quattro nomi condivisi da proporre ai berluscones. Si sanno, sono loro: Finocchiaro, Marini, Amato e D’Alema. Che verranno giuocati entro le prime tre turnate, ove è necessario avere i due terzi (672 voti), mentre dalla quarta basta la “sola” maggioranza assoluta (504). Con Pd, Pdl e Lega che assieme fanno 777, e con l’aggiunta della stampellina Monti 838. Mentre Bersani, da solo, può arrivare fino a 498.
Dunque, la strategia Piddì può essere duplice. Eleggere un candidato condiviso entro il terzo scrutinio, e provando l’eventuale strappo con un proprio nome “forte” alla quarta, trovando una manciata di consensi nel reparto grillino. Da qui non si scappa, nolenti o Bersani.
Borsino candidabili. Dei quattro nazional popolari fatti al Pdl, già due cascano come pere. Finocchiaro e Marini, troppo invisi al “miserabile” Renzi, e troncati tout court. Su Baffino non c’è alcun veto del Berlusca che, anzi, lo vedrebbe come assoluta garanzia processuale in memoria dei bei tempi bicamerali inciuciati. Ma è forse dentro lo stesso partito democratico che D’Alema avrebbe le maggiori resistenze, sia tra turchi che tra renziani. Con Lega e 5 stelle che farebbero le barricate. Così è il nome di Amato che avrebbe la più larga condivisione per arrivare a quota 672. L’ex braccio destro di Craxi in Parlamento da un trentennio potrebbe star bene sia a destra, sinistra e centro. Ma non è certamente la figura “nuova” di cambiamento cui si auspicava.
Prodi e Bonino. Mortadella e la “badante di Pannella” sono spendibili solo dalla quarta turnata, nel caso non vi sia stata linguainbocca Pd-Pdl. Il Professore potrebbe sì trovare il favore di parte dei grillini, ma sarebbe uno schiaffo troppo grande al popolo di Silvio, che inizierebbe una caciara infinita tra piazze e tribunali, con Brunetta in groppa a Capezzone, e la Santanchè a lanciare protesi sulle folle. Un rischio troppo grande, che neppure un incosciente come Bersani potrebbe affrontare. Il capitolo Emma pare invece essersi già sgonfiato ed accantonato, e difficilmente sarà un nome caldo per il fotofinish. Il web è un conto, la realtà è ben altra cosa. Poi ve lo immaginate Marcosauro Pannella a scorrazzare un giorno sì e l’altro pure tra guardie e corrazzieri, mandandoli affanculo e spaccando vasi, lampadari e arazzi presidenziali?!
Lo scenario. Il più probabile è quello di una fumata nera alle prime due votazioni, e di una bianca alla terza o alla quarta. In entrambe le prime turnate il Pd proporrà due “suoi” nomi di larga intesa, cioè Marini e D’Alema/Finocchiaro (bocciati), mentre alla terza il più “tecnico” Amato. Il già ministro dell’interno dell’ultimo governo Prodi è sicuramente ad oggi favorito, ma non vincerà. Sia Lega e parte di Monti non lo voteranno. E anche macchie del Pd, che lo vedrebbero troppo di garanzia a Berlusconi. Così Giulianino si prenderebbe per assurdo solo l’unanimità del Pdl, rimanendo invece fregato dagli “amici”.
Rodotà alla quarta. E’ così che si arriverà all’ultima votazione con Pd e Grillo con cerino in mano e coltello dalla parte del manico. Scartato Prodi per rischi nucleari, e la Bonino per inconsistenza, ecco che l’unica reale ed attendibile proposta rimane quella di Pennellone Rodotà, tifato da Beppe e accettato da Pierluigi. Sarebbe la prima vera vittoria grilliana, dopo le tante gaffes e panzane in formato Crimi-Lombardi. Ma anche un candidato autorevole, d’esperienza ed istituzionale che farebbe proprio al caso dell’Italietta attuale. Per uscire dalle sabbie mobili del giaguaro. Per fare due leggi due. E per tornare alla svelta davanti agli elettori.