Riviviamo l’intervista del (poco)Nobel Dario Fo (oramai Dario Fu) rilasciata a La Zanzara il giorno della Liberazione italica. Il vecchio trombone varesotto, che da oltre un decennio ha fatto dell’antiberlusconismo più latente e patologico la sua unica fonte di vita e di salvezza, ha lanciato dai microfoni di Radio24 epiteti e metafore ben poco lusinghieri (e assai poco originali) nei confronti del già energumeno tascabile Renatino Brunetta. Il Dario che Fu immagina un’eventuale giuramento a ministro del professore di statura coadiuvato da un seggiolino che gli possa consentire di mettersi all’altezza della situazione.  

Non è tanto la solita immancabile battutina più o meno infantile e stupida verso l’ex ministro che infastidisce, ma è invece il tono cattivo-razzista e di profondo disprezzo nei suoi confronti (allargato a tutto l’universo politico e popolano che si associ alla “congrega” del Cavaliere) che colpisce e avvilisce amaramente. Parole, tra l’altro non nuove quelle dell’ex comico letterario da tempo prestato di diritto alla politica attivista grillina, rivolte con quella spocchiosa e irridente altezzosità che tende comunque a denigrare e a guardare verso il basso chi non si riconosce con il il loro pensiero elevato radical-chic e snob talebano. Al caviale, ovviamente.

 

 

 

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