— a cura di Simon —
Ieri, lunedì 25 novembre 2013, era la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. In molte piazze italiane si sono svolte manifestazioni dove politici di destra e di sinistra hanno speso parole di solidarietà nei confronti delle donne vittime di violenze. Istituzioni comunali, provinciali, regionali e statali hanno organizzato eventi di ogni tipo per sensibilizzare gli italiani sul tema, prima fra tutti la Camera dei Deputati, guidata dalla pantera in rosa Laura Boldrini, paladina del panfemminismo mondiale e grande sostenitrice del disegno di legge sul femminicidio.
Queste banali ed ipocrite manifestazioni hanno poca rilevanza. Tutt’altra importanza ha invece l’eventuale approvazione della nuova legge che introdurrebbe un innalzamento della pena per il femminicidio, applicando direttamente l’ergastolo a differenza del minimo di 21 anni previsto per l’omicidio “semplice”. Il femminicidio è l’uccisione di una donna per motivi legati all’appartenenza della stessa al genere femminile. S’intende, quindi, punire più severamente l’assassinio di una donna rispetto a quello di ogni altro individuo. Un’aberrazione giuridica.
Nel nostro codice penale è già presente una norma che punisce l’uccisione di una persona, l’art. 575 – Omicidio (dal latino homo, uomo come essere umano, non come maschio). È stata prevista una sola norma per punire tutti i tipi di omicidio perché tutti gli individui, dalla nascita alla morte, hanno la stessa dignità. Trattare diversamente l’uccisione di un essere umano rispetto ad un altro equivale ad affermare che la persona, per il cui omicidio è prevista una pena superiore, ha più dignità sociale degli altri. Allora, se per l’uccisione di un maschio rischio almeno ventun anni di carcere e per quello di una femmina l’ergastolo, significa che il sistema reputa la donna un individuo di maggior valore rispetto agli altri, per il cui omicidio mi infligge una pena superiore.
Il paradosso è evidente: nel difendere le vittime di discriminazioni finisco per discriminare tutti gli altri. E l’uccisione del padre, della madre o del fratello? Il patricidio, il matricidio e il fratricidio sono moralmente più deplorevoli di un “normale” omicidio, ma nessuno ha mai pensato di creare apposite leggi per punire questi delitti, che vengono tutti assorbiti dall’art. 575, lasciando le implicazioni morali e psicologiche al teatro e all’arte in genere.
E l’infanticidio? Non è altrettanto mostruosa l’uccisione di un bambino? Certo, perchè bambini hanno la stessa dignità degli adulti. E gli anziani? Più uno è vecchio, meno grave è la sua uccisione? Assassinare un novantenne sarebbe meno grave che uccidere un settantenne? E ancora, se introduciamo il femminicidio perché non allora il gaycidio? Si aprirebbe la porta ad un infinità di differenti casi di omicidio per i quali sarebbero previste altrettante pene con l’elevatissimo rischio di generare discriminanti diversità di trattamento. Per non parlare dell’estrema difficoltà (eufemismo) nel gestire ed applicare una norma così ad-personam.
Tuttavia, per risolvere un dato problema sociale, lo Stato può e deve rispondere con leggi ad hoc, alle volte anche cruenti. Si pensi al regime carcerario del 41bis previsto per chi ha commesso reati di mafia. Vista la vastità, la gravità e l’eccezionalità del problema, si è giustamente pensato di punire più severamente i mafiosi condannandoli ad un regime durissimo, impensabile in qualsiasi altro Stato democratico al mondo.
Qual è, quindi la vera portata del problema-femminicidio? Basta visitare Wikipedia per scoprire che la base dati del Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la Regione Europea, aggiornata fino al 2010/11, mostra come il tasso di mortalità violenta per le donne in Italia negli ultimi anni è ampiamente al di sotto di quello degli uomini e come si sia ridotto anche rispetto agli anni ’90, in cui aveva raggiunto 0,6 casi su 100.000, mentre nel 2008 era sceso a 0,39 su 100.000. Dagli stessi dati emerge anche che il tasso di mortalità violenta per le donne in Italia è molto più basso della media delle donne europee, di quanto non sia quello degli uomini, rispetto alla loro media. Dunque, in Italia il femminicidio non è emergenza sociale, visto che qui le donne muoiono meno che nel resto dell’Occidente.
Uno studio del Dipartimento di Medicina dell’Università del Tennessee ha rilevato che il 77% di ogni morte violenta al mondo ha come vittima un uomo, e l’80% percento degli assassini al mondo sono maschi. Per dirla brutalmente, l’omicidio, sia da vittima che da carnefice, “è una roba da maschi”. Quello del femminicidio è un non-problema, e presentare un disegno di legge del genere e concentrare il dibattito politico su questi temi è fuorviante. Il classico specchietto per le allodole. E per la Boldrini.
Soon gay
Io sono a favore a degli omosessuali. Faccio parte della Sezione LGBT di Cento, dipartimento lesbiche.
caz tua, buson
sono una donna, casomai busouna…
Cosa cavolo c’entra se ammazzano più uomini che donne?! QUi si sta parlando della violenza brutale (non solo domestica) sulle donne. Son due cose diametralmente opposte tra loro
Diametralmente opposto un omicidio da una violenza? Non direi…
E comunque lo stesso discorso vale per ogni tipo di reato.