Una capitale messa a fuoco e fiamme, con bombe carta, bottiglie incendiarie, fumogeni, razzi, petardi, biglie, sampietrini e chi più ne ha più ne tiri. Il tutto al grido e allo slogan di “Casa, reddito e dignità”, che vuol dir tutto, ma soprattutto nulla. Il nulla inutile e più cosmico possibile, come se avere una casa ed un reddito debba rappresentare un diritto inalienabile per ogni umano presente sulla crosta terrestre. Balle, populiste e pretestuose per sfasciare tutto, per disfare ogni cosa. Ogni vetrina bancaria, ogni macchina che si trovi sulla loro folle corsa criminale e violenta. Ogni selciato o  pavimento da divellere. Che pagheremo noi, per loro. Che rimarranno ancora impuniti, perchè di impossibile identificazione, visto che scorrazzano organizzatissimi con tanto di caschi ed elmetti avvolgenti, o nei casi dei più sfigati sprovveduti con semplici passamontagna da rapina a mano armata.

 

L’agente: «Mi sembrava uno zaino»

 

“Paura e dolore mentre ero a terra”

 

Sono questi i bravi ragazzi No-Cervello che millantano di agire pacificamente, perchè il lavoro – dicono con ghigno stupidamente malefico – deve essere garantito a tutti. Soprattutto a loro, cazzoni delinquenti che scendono in piazza, trasformandola nella copia riuscitissima della Beirut primi Ottanta, ma che il lavoro manco si sognano di cercarlo. Perchè gli spetta, altrimenti tutto diventa legittimamente violento. E ogni cosa deve essere giustificata, e giustificabile. Come procedere armatissimi e a volto pusillanime coperto verso zone non autorizzate, tipo il Ministero dello Sviluppo Economico. Magari per sfasciare pure quello, e chissà anche prendendo in ostaggio qualche funzionario, o perchè no mutilandone o ammazzandone qualcuno. Ovviamente il tutto e di più attraverso la compiacente compartecipazione non belligerante delle forze dell’ordine, che secondo questi vacui fannulloni criminali dovrebbero dargli il via libera, il lasciapassare verso l’anarchia più assurda ed assoluta. Perchè gli spetta. Di diritto.

 

Poliziotto aggredisce manifestante

 

Così, in mezzo a questo contesto vigliaccamente anarchico di guerriglia urbana stile ’68, con agenti e poliziotti costretti a subire ogni tipo di angheria scoppiettante e contundente, con l’unico (pure questo assurdo) ordine di attendere, aspettare e reagire con cariche solo dopo che il corteo si fosse avvicinato al cordone off-limits, chi diventa il problema capro espiatorio all’interno di questo groviglio di mazze, lanciarazzi e ordigni artigianali dinamitardi? Un poliziotto che si è permesso di calpestare una manifestante che stava in mezzo a questi galantuomini, il cui amico fraterno che stava per terra insieme a lei – si apprenderà in seguito – si aggirava beato e minaccioso con una delle tante bottiglie da spedire contro l’odiato obiettivo pulotto. E ancora, all’interno di un vero e proprio scenario di ordinaria guerra da manifestazione del sabato italico, chi va incredibilmente ed inconcepibilmente sotto la lente d’ingrandimento dell’accusa pubblica? Sempre loro, i perfidi e cattivissimi “cileni” poliziotti de nò altri, rei di aver mollato una manciata di manganellate in più nella bolgia del conflitto e di nascondersi sotto un elmetto che secondo lor signori mascherati dovrebbe presentare, in bella vista ed con caratteri cubitali, un nome ed un cognome ben impressi. Così da poter divenire bersaglio mobile ancor più allettante e riconoscibile.

 

Le foto che inchiodano il ragazzo

 

«Stop ai saccheggi o chiudiamo il centro»

 

Robe da matti, robe da Paese delle Banane. Dove ogni delinquente è assolutamente libero di vagabondare tra piazze, stadi e cantieri democraticamente istituiti con un seguito di bastoni, cesoie ed armi di ogni genere, in una continua, quotidiana ed agghiacciante riproposizione di un giorno di ordinaria follia. Nell’assoluta incredibile impunità di un sistema iper-democratico che li garantisce fino all’ultimo sampietrino, e che finge di fornire il monopolio della forza a polizia e carabinieri, che nella realtà dei fatti sono assolutamente impotenti davanti all’onta dei violenti, non potendo neppure rispondere se non dopo averne prese di ogni, e venendo pure sfottuti e “leccati” da una manica di poveri scemi che si atteggiano a pasionari difensori della libertà democratica, ma che non sono altro che una massa di pecorelle violente che parlano a frasi e slogan fatti e ripetuti, e che con assoluta probabilità non sanno manco il motivo e la fantomatica legge-truffa che li ha portati fin lì. Perchè il loro obiettivo è solo quello di far casino. E di distruggere. Facendo la guerra ai celerini. E allo Stato.

Ora, non siamo certamente per l’impunità di atti imprescindibilmente ed oggettivamente abusivi commessi dalle forze dell’ordine, in stile Diaz piuttosto che Aldrovandi od Uva. Nossignori. Non sia mai. Anche perchè il poliziotto che ha calpestato la signorina che studia Scienze della Pace (una facoltà inutile per un ossimoro grottesco) è finito fin da subito sotto indagine. Ma ridurre il massacro pubblico che avviene ogni santissima settimana nei luoghi di maggior raccolta delle città ad una calpestatina (si, lo ripeto, calpestatina, perchè non è stata altro che questa) ci pare, oltre che bizzarro ed insensato, assolutamente irrispettoso ed offensivo nei confronti dell’intelligenza umana. E pretendere che i difensori della legalità debbano appiccicarsi, oltre al codice di qui già dispongono, anche un nome ed un cognome che servirebbe solo per accentuare la già ben assai praticata ed abusata caccia al poliziotto, è non solo una cagata pazzesca, ma pure una bestialità inenarrabile e, questa sì, di stampo cileno. Mentre loro, gli assoluti padroni della violenza e del diritto, continuano a scorrazzare e a distruggere le nostre città, le nostre auto, la nostra dignità. Con caschi, elmetti e passamontagna. Nell’assoluta vergognosa ed ignobile impunità. Tanto poi, alla fine, paga sempre e solo Pantalone.

 

 

 

 

 

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