– A cura di PJ, economista criptico de nò altri –

“Hanno ucciso l’Unità”. Così il Sabato sera del 7 agosto scorso riprendeva i titoloni dedicati alla chiusura del celebre quotidiano fondato da Antonio Gramsci. “Chi sia stato non si sa, forse il becero mercato, forse la competitività”. Suggeriamo noi adattando la celebre strofa degli 883.

Quando aprì, il giornale usciva con ventimila copie, le stesse che stampate quotidianamente dopo 90 anni di vita. Un bel successo, non c’è che dire. Ma mentre in quegli anni ogni copia veniva letta anche se era scritta in piccolo, negli ultimi anni era dimentica sui tavoli dei bar e nelle bacheche di quartiere, nonostante l’impaginazione ammiccante e le figure colorate.

 

L’ultimo numero de L’Unità

 

Sopravvissuto a vent’anni di clandestinità, l’Unità non è riuscita a resistere a quindici anni di sostegno al sogno europeo. Nato come “quotidiano degli operai e contadini”, la linea editoriale ad un certo punto (cit.) ha virato verso una visione più affine a quella del capitale. Un mondo di consumatori che competono nel lavoro e sul mercato. Lo stesso mercato che ha chiesto e ottenuto l’Europa unita nella moneta unica, guidata da burocrati nell’interesse della finanza e del grande capitale ha, in ultimo, deciso che dell’Unità si poteva fare a meno.

Unita.info

 

In fondo anche il partito che il giornale rappresentava, chiamato naturalmente a rappresentare i lavoratori, prima ha raccontato loro come la moneta unica li avrebbe salvati e ora, che ciò non è avvenuto, fa ricadere la colpa su di loro sottolineando che se non sono abbastanza competitivi, innovativi, efficienti. Insomma se la Germania è più forte, è colpa loro che avevano vissuto sopra i loro mezzi.

In occasione della caduta del nemico di Arcore, il giornale è persino giunto ad acclamare il nuovo Presidente del consiglio, imposto con una sorta di ‘colpo di stato’, per ammissione di persone insospettabili. Questo eroe ha poi creato enormi sofferenze con la violenza economica di una recessione deliberatamente provocata per venire incontro agli interessi dei creditori nord-europei. Per recuperare competitività bisognava abbassare i salari al di sotto di quelli dei nostri concorrenti attraverso precarietà e disoccupazione. Perché è solo così che si può competere nell’euro a guida tedesca.

 

 

E questo nonostante i ministri nelle loro schiere avessero ben chiarito che il problema era un altro. Forse proprio per questo i direttori ad un certo punto preferivano farsi ritrarre in compagnia di quellélite europee che hanno dichiarato guerra alle classi subalterne. In fondo se un quotidiano nato sulla coraggiosa lotta al fascismo, che ha degnamente rappresentato i lavoratori negli anni di piombo, si allinea alla peggior involuzione democristiana per sostenere gli interessi economici di quei simpaticoni di Marzabotto, non c’è da stupirsi se perde lettori.

 

Matteo Arpe e Lettera 43 sono pronti

Santanchè e Ferrari: l’offerta

 

Il quotidiano raggiunge la sua massima tiratura nel 1974 (274 mila copie), quando Berlinguer era segretario del partito e la quota salari veleggiava verso il suo massimo storico (51% nel ’76) quando avvenne anche il celebre sorpasso. Adoro le coincidenze, voi no? Poi tutti quelli che campano del loro lavoro si ricordano della lenta e dolorosa discesa.

 

 

Come sottolinea l’articolo sul quotidiano locale, nel suo restyling del 2008 l’Unità completa la sua (in)evoluzione da giornale politico di protesta a quotidiano generalista in formato Tabloid, con sempre maggior spazio alla cultura (de che?) e allo spettacolo (triste delle loro scelte). Proprio mentre il lavoro veniva precarizzato e i lavoratori confusi cercavano lumi e leader a sinistra, il loro riferimento ideologico volta definitivamente e sdegnosamente la testa a destra.

 

 

Il colpo finale giunge a maggio 2011, quando inneggia all’elezione di Holland, sfoderando un ossequioso formato berlinese. Come cambiano i costumi, in altri tempi un inchino sarebbe bastato. Questo ammiccamento deve essere sembrato troppo agli ultimi lettori ‘de sinistra’, liberati ormai dal lavoro ma non dalla necessità di lavorare, tanto che hanno optato per risparmiare anche i soldi e il tempo della lettura di ciò che restava della buona vecchia e cara Unità.
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Il lungo addio de L’Unità

Primo nei finanziamenti, sempre in rosso

 

 

Renzi: “L’Unità tornerà a vivere”

 

 

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