Contro lobbismo e gerontocrazia, ma anche contro benaltrismo ed ipocrita moralità. Contro gli alti papaveri che producono solo debito pubblico, contro gli inutili ordini professionali di stampo medioevale, contro il sindacato giurassico indietro di tre generazioni, contro un sistema giudiziario che allontana gli investitori e che produce solo indulti.
Ma anche contro la burocrazia delle poste e delle raccomandate (e dei raccomandati), e ancora contro chi entra in un’azienda e pensa solo al posto fisso ed al vitalizio infinito. Contro i sette anni di cassa integrazione Alitalia. Poi contro i fanta-ecologisti che vogliono solo capre e canapa indiana. Contro lo sciopero, quello fatto a prescindere e “perchè bisogna scendere in piazza”, e che non sfocia mai e poi mai in un barlume di proposta concreta. E anche, ma non soprattutto, ad sistema politico e costituzionale ingessato sui pilastri dell’era post-ventennio, che non riesce e non vuole decidere. Perchè non trova il coraggio di scelte impopolari, e perchè è meglio far arrivare lo “scatto” parlamentare. Poi, magari, si vedrà.
Per una Stato che tagli l’intero aberrante carrozzone di province e micro regioni, per la Tav e tutti i suoi derivati di alta velocità, per la fibra ottica ovunque, per un’università meno teorica e più tirocinante, ma anche ripulita della Casta dei nababbi professor-politici. Per energia, gas e acqua private, insieme al baraccone Rai ovviamente. Per un lavoro sempre più flessibile e per giovani che non sappiano solo piangersi addosso, ma che trovino il coraggio delle proprie idee, e le mettano in pratica. E per uno Stato che non produca solo incartamenti e tasse, ma che dia la priorità ad incentivi per le nuove imprese. Che creda nei progetti e nelle persone, giovani o meno giovani che essi siano, e non solo alle “segnalazioni”. E per chi crede nella ricerca e nel merito senza se e senza ma, e anche per il diritto a licenziare chi cazzeggia e chi non merita, perchè non sia più facile finire in carcere che essere allontanati dal luogo di lavoro. Anche se si rappresenta un danno d’impresa.
Per il precariato, che è l’unica arma contro il dipendente pubblico fantozziano. Per un popolo che si renda conta che lavorar più anni è l’unica vera misura di equità nazionale, non le altre balle e boiate che ci propinano sul nulla assoluto delle “misure che devono essere eque”. Per le unioni di fatto e, perchè no, anche per i matrimoni tra omosessuali, e vaffanculo a tutto il becero bigottismo che di fatto blocca l’adozione di migliaia di creature a cui sarebbe garantito un futuro decente. Per la regolarizzazione di puttane e meretrici (degnissime professioni), così si controlla il racket e si incassa un sommerso inaudito. Per l’abbassamento della soglia della tracciabilità del danaro, ma anche per il carcere agli evasori, senza attenuanti generiche o patteggiamenti vari in stile Bisignani. E per il commissariamento del Sud, tutto, con forze militari al seguito, perchè questo cancro deve essere almeno combattuto. Non certo con il federalismo o altre banche del Mezzogiorno. Anche se servono anni, o forse decenni, per intraprendere una vera e propria guerra. Alle mafie tutte. Per esportare il concetto di Stato. E per far capire ed inculcare che pizzo e protezioni non devono più servire.
Per un Paese liberale, che sappia premiare ma che abbia acnhe le palle per punire. Per un’Italia senza complotti e congetture, senza preconcetti ed etichette, ma solo col coraggio delle proprie decisioni. Che voglia fare scelte nette e chiare, e le sappia seguire, senza voltarsi, senza arrendersi, senza dover aggiustare e metter per forza tutti d’accordo. Per un’Italia che se ne frega dei giudizi che vengono oltre confine, e che sia più pragmatica e meno nazional-popolare. Con quella passione e quella creatività tutta made in Italy, nostra grande arma contro ogni catastrofe e vero tesoretto contro gli attacchi di qualunque tipo di spread.
to be continued….