Diciamo la verità, l’ultimo Fede-giornalista è stato avvistato nel lontano ’93, nel suo trapasso all’iper longeva conduzione del tiggì della quarta rete. Da quel momento ha iniziato a prendere piede il Fede-cabarettista, e l’infinito uomo di spettacolo. Dalle storiche ed esilaranti gag con il giovane inviato Paolino Brosio, imbranato e fustigato cronista dai marciapiedi burrascosi di Palazzo Giustizia in piena Tangentopoli, agli indimenticabili fuori onda incazzosi che hanno fatto le fortune di Striscia, fino alle gaudenti selezioni per accaparrarsi la meteorina della settimana. Il Direttore non ha più smesso di fare varietà.
 
Emilio, a suo modo, è stato uno straordinario innovatore. Telegiornale dichiaratamente e spudoratamente fazioso, senza idee filtrate e con l’improvvisazione che regnava (fin troppo) nello studio 4 di Palazzo dei Cigni. Fede era vero one man show. Si prolungava in improbabili editoriali senza capo nè coda, sospirava con pause immensamente ironiche e disagianti, perdeva il filo per poi non ritrovarlo. Emilius era così, prendere o lasciare. Faceva sfuriate alla redazione minacciando repressioni bulgare, ma alla fine la truppa Tg4 non è mai stata decimata.
Preferiva entrare nelle cene italiche senza gobbo nè scrivania, in piedi e con un semplice brogliaccio alla mano, che a fatica riusciva a leggere ed intendere. Ma a Emilio piaceva così, si sentiva più a contatto col suo pubblico, con la sua nicchia a dir il vero sempre assai numerosa. Che lo voleva così, semplice e un po’ banale, meteoropatico e un po’ incomprensibile. Tanto che le sue ultime (almeno) due edizioni le ha esercitate in totale assenza di gravità ed in piena gestione supercazzola prematura.
 
Possiamo scagliarci più o meno ferocemente contro il sor Emilio: leccapiedi, servo del padrone, schiavo del potere, venduto, vile, Emilio Fido, cagnolino di Arcore, leccaculo, maggiordomo di Silvio, e chi più ne ha più gli metta. Fino a sviscerare le parti intestine e sgodevoli delle più sconosciute interiora umane. Poi, però, uscendo dal seminato di odio e personalismi, ci accorgiamo (forse solo a posteriori) che il Direttore faceva semplicemente tutto quello che gli pareva, tutto ciò che gli andava, con estrema naturalezza e solarità televisiva. Possiamo criticare anche aspramente il suo giornalismo d’assalto mediatico, il suo modus flemmatico ed ossequioso nel dare le notizie, il suo operato di conduttore non propriamente impeccabile e a regola d’arte. Ma l’arzillo Emilio esprimeva il suo pluralismo in tal maniera, diretta, popolana ed imperfetta. Anche servizievole, certamente. E che c’era di male, scusate? Non pensate sia più disdicevole un Tg stile Telekabul che prenda radicalmente posizione da secoli a favore di uno schieramento politico-sociale, ergendosi poi a simbolo di informazione plurale e democratica? Ma questa è la lottizzazione, bellezza, e tu non ci puoi fare niente. Niente!
 
Fede è stato un precursore della commedia applicata alla notizia. Si inventa il mezzo busto in piedi, trasforma il meteo in una passerella di starlette, è tra i primi a far interagire il pubblico tramite e-mail, e crea anche un indedito rotocalco serale di cinema, moda e spettacolo (Sipario, con la bella e brava Senette) che fa da appendice al giornale. E come dimenticare gli ultimi siparietti con la povera giornalista in studio, a cui Fede si accostava per sapere le ultime notizie. Come fosse tranquillamente seduto in ufficio, o al bar sotto casa. Il fido Dierettore ha saputo costruire una creatura a sua immagine e somiglianza. Uno spettacolo originale e genuino. Per alcuni un mostro. Ma di sicuro unico e geniale nel suo genere.
Ciao Emilio, dal Tg1 allo scoop del Golfo con la Simoni, da Bellini e Cocciolone alla tempesta di Mani Pulite, dall’immancabile gioco d’azzardo a Forza Italia. Fino ad Arcore e Villa Certosa, passando ovviamente per la nipote di Mubarak. Svizzera permettendo.
Addio Emilio, mezzo secolo di notizie. Una vita di ribellione.
 
Ci mancherai, Direttore.
 
 
 
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