Surreale, assurdo, inconcepibile. E inammissibile. Almeno in uno Stato di diritto quale millanta di dichiararsi quello italiano. Quello delle banane. Tale è l’indegno e mortifero spettacolo a cui abbiamo assistito in diretta dal Ferraris di Genova, ove la gara della 34ma di A tra Genoa e Siena è stata sospesa al nono della ripresa sullo 0-4 per i toscani di Sannino. Motivo: un folto gruppo di delinquenti facinorosi imbecilli e scalmanati ha iniziato a lanciare petardi e fumogeni sul rettangolo, minacciando, oltre l’invasione del terreno, di attendere  con fare intimidatorio i propri beniamini fuori dallo stadio, per regolare di persona stupidi conti di uno stupido e balordo orgoglio da falsi tifosi. Perchè, anche se qualche ipocrita pirla che comanda la baracca del pallone non se ne è ancora accorto, il Calcio italico tutto è da decenni perennemente in ostaggio di una frangia di oziosi e fannulloni violenti impuniti che tengono sotto scacco interi stadi, intere piazze, intere città. E lo fanno davanti agli occhi allibiti e costernati di folle gioiose e festanti di tifosi che cercano passione e relax domenicale.

E lo fanno davanti a società inermi ed omertose che non hanno nemmeno il coraggio di denunciare e di ripulire le proprie case da questa schifosa ciurmaglia di teppisti. E lo fanno pure davanti al naso delle forze dell’ordine, che assistono disarmate ed impotenti, e che pare facciamo da cordone agli stessi malavitosi. Così accade che un branco di un centinaio di bulli malviventi possa spostarsi dalla gradinata fin al settore distinti in prossimità del tunnel di ingresso-uscita dei giocatori. Senza che nessuno muova un dito, in totale autonomia. Perchè Marassi è casa loro, e loro comandano. Così accade che questi loschi farabutti si permettano di infrangere quasi ogni tipo di regola civile e penale, e pretendano pure che i calciatori del Grifo escano dal campo a testa bassa, levandosi la casacca in segno di non si sa bene quale folle e idiota legge di onore e rispetto. Così accade che, in questo scenario onirico che sa più di saga mafiosa che di sport nazionale, i protagonisti del campo vadano per davvero ad assecondare i delinquenti, ponendosi completamente proni al loro cospetto, servendoli e riverendoli come fossero i loro personali lustrascarpe. Cedendo al ricatto, al pizzo, al sopruso. Per quel compromesso necessario, per calmare le acque, per trovare il quieto vivere in questo drammatico finale di stagione. Per loro stessi e per le loro famiglie.

Scene neppure da terza serie di Gabon e Mali, dove basta che un calvo e robusto energumeno salga in balaustra, e finisce tutto. E inizia il pandemonio dell’altro mondo. Quello del Belpaese, emotivo ed ipocrita fino al midollo. E incapace di creare e mettere in pratica uno staccio di normativa che possa far nascere impianti sicuri ed accoglienti. Ora si aprirà la millenaria e stomachevole discussione sull’arcinota violenza negli stadi, che porterà alle solite stucchevoli ed inconcludenti interrogazioni parlamentari. Ci si azzuffa a caldo, poi non se fa nulla. Perchè è meglio tirare a campare. Perchè l’Italia non è un paese per responsabili.

Vedere il vecchio e stoico capitano Marco Rossi che raccoglie in lacrime le maglie dei compagni per consegnarle a questi bifolchi come segno di sacrifizio dovuto, è cosa che più umiliante e vergognosa non ve n’è. Per non parlare di Beppe Sculli che si arrampica sulle grate e si affretta a chiarirsi con questa gente, come si fa nelle ‘ndrine crotonesi o tra capidecina palermitani. E abbraccia e si chiarisce più volte col l’Ivan il terribile genoano, scendendo miseramente a patti con chi, dentro lo stadio, neppure dovrebbe metterci le suole. E intanto, in mezzo al campo, patròn Giochi Preziosi se ne sta impalato ed attonito, facendo pietosamente eseguire ai suoi gli ordini impartiti dalla curva, forse anche perchè consapevole che una grossa fetta di quella marcia commistione l’ha creata proprio lui. Ed ora non può che asservirli e giustificarli. Perchè questo il pizzo che deve pagargli. Sottomesso e ubbidiente.

Le società di pallone devono capire una volta per tutte che è necessario far piazza pulita di tutta questa teppa melmosa, e che non è ammissibile che i presidenti consentano e diano a codeste frange il benchè minimo potere. Nè quello della vendita delle magliette, nè tanto meno quello delle trasferte. Nulla. E sarebbe anche l’emerita ora che la Madama e tutte le forze dell’ordine e giudiziarie facessero quel minimo sindacale per sbattere in gatta buia (e per direttissima) questi loschi che si macchiano ogni settimana di una serie infinita di atti illegali inammissibili nel pubblico porto franco pallonaro. Li vedono milioni di telespettatori in diretta tivvù, sono schedati in tutte le peggiori questure dello stivale, e allora qualcuno ci spieghi perchè ognissanta domenica tornano in trincea, armati per giunta di mazze, candelotti e fumi indigesti. E con quella faccia irridente e strafottente di chi sa di poter rimanere impunito a vita. Vergogna.

Ora ci vorrebbe una mano ferma e pesante su ogni direzione: dieci giornate a porte chiuse per il Genoa, ammenda oltre il milione di euro per la società, multa salatissima per i giocatori che hanno “trattato”, e fermo immediato con processo già in serata per quei bestioni che dispensavano ordini scandendoli platealmente con le loro fragorose dita. Ma tanto non succederà nulla, perchè nessuno vorrà neppure iniziarla questa guerra. E perchè tanto fra una settimana ci si sarà già dimenticati anche di quest’ultima assurdità. Come ci si è già ampiamente dimenticati di Morosini. Che il suo Calcio, oggi, lo ha voluto ricordare con quella sua solita normale giornata di ordinaria follia. Vergogna.

 

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