Non chiede il permesso, non suona due volte, non usa fronzoli o facili escamotages. Quando decide di entrare, entra. E si prende tutto. Le tue pulsazioni, le tue gambe e il tuo istinto. E pure le tue emozioni. Quando decide di farlo, lo fa. E non lo vedi arrivare, nè dall’alto nè tanto meno da destra e sinistra, perchè Lui è un tipo politically scorrect. E bastardo, ovviamente. Perchè ti prende da dove meno te lo aspetti, da dove non puoi vederlo nè scorgerlo. Dal basso. O meglio, da dentro. Perchè è da lì che va ad inerpicarsi quatto quatto, e sempre da lì decide di uscire di colpo – tout court – con tutta la sua rabbia accumulata negli anni, con tutta quella ferocia montata dagli inferi. Perchè è da lì che arriva, dagli abissi più bui e tenebrosi dell’inferno terrestre, dove ha marcito il suo letargo per secoli e dove ha vissuto costantemente in uno stato di quiete e morte apparente. Ed è proprio da lì che esplode, d’impulso e con l’impeto cieco di chi se ne fotte di tutto e di tutti. Entrandoti dentro. E prendendosi tutto.
Ti prende di giorno, mentre bevi il caffè o mastichi il cornetto, ma anche di notte, mentre sogni i Mondiali o non sogni affatto. Ti prende sul divano davanti alla partita, o sulle scale proprio prima di afferrare la maniglia. Ti prende, e poi ti intrappola. Perchè non bastano ansia, panico e terrore, Lui ci mette pure il carico, quello da novanta. E ti immobilizza, se prima non ti ha già buttato giù al limite dell’area. Con un tackle scivolato all’italiana, che ti stronca la corsa, e non ti permette di involarti verso la porta, nell’unica speranza di limitare i danni al cospetto di un avversario fuori della tua portata. Perchè troppo più forte. Perchè troppo scorretto.
Le regole del giuoco le decide Lui, e tu puoi solamente fare una partita di difesa e contenimento. Ma soprattutto d’attesa. Che è quella più straziante e nauseante possibile, quella dei supplementari quando non ne hai più, quella che ti stressa e ti consuma minuto dopo minuto. Secondo dopo secondo. Perchè il Bastando gioca a fare il gatto col topo, mimetizzandosi e riaddormentandosi nella falda già rimossa, e lasciandoci addosso quella fatua ed illusoria speranza che l’incubo sia già finito, e che sia stato solamente un pessimo sogno da fredda primavera inoltrata. Manco per niente. Non pensateci nemmeno – con Lui – agli happy end. Così, appena percepisce che la nostra flebile guardia si è abbassata ancora, ecco che lo Stronzo torna in azione, sul rettangolo, e ci infila nuovamente, a ripetizione. Tante piccole ed infinite rasoiate che ci bucano lo stomaco, che ci dilaniano il petto, che ci gonfiano la panza. Che non ci fanno più vivere.
I nervi saltano, il respiro si ammassa, e il groppo sale. Come la scarica, che va e viene di continuo, con quell’irregolarità che diviene la nostra ossessione. Che ci entra nelle viscere. La frequenza non esiste, e le lancette girano a vuoto. Perchè il tempo è un optional, e anche branda e guanciale – adesso – sono bisogni assai secondari. Ora esiste solo Lui, incazzato e suscettibile. Con la nostra paura primordiale che torna a galla dopo la culla e i bei tempi con Cicciobello. E’ timore reverenziale, ma anche sudditanza psicologica verso il Mostro, che potrebbe farsi vivo da un momento all’altro, annientandoci coronarie già a pezzi e massacrandoci spirito e balle. Perchè ogni volta che arriva è come rivivere un horror dalla fine. Perchè ogni minimo rumore che gli somiglia vagamente ci fa salire un lunghissimo brivido che pulsa dall’alluce fino alla gola. Perchè se camminiamo, lo facciamo adagio e in punta di piedi. Per paura di non sentirlo, o di svegliarlo. Perchè l’insonnia ci consuma come una candela. Perchè siam sempre sul chi va là, come il sicario con la sua Beretta. Come il condannato col suo aguzzino.
E non c’è lamento che tenga, non c’è antidoto che funzioni. Fino a quando non sarà Lui a decidere il momento del commiato, senza avvisare nè clacsonare. Tornandosene in letargo, qualche migliaia di metri sotto di noi, per una manciata di anni o forse per qualche secolo. Ma sempre pronto a riesplodere, a ritornare, senza bussare nè battere un colpo. Infilandosi nel letto e tremandoti da dentro.
grande Mlon!
grande Mlon!
mlon ma che stai a di? te caduta na trave in testa?
Remo
non c’ho capito molto, ma esprimo la mia solidarietà.
Giorgio
mi hai fatto commuovere, complimenti.
Ale
Forse sta a ricordarci che la nostra è solo una illusione di avere il controllo; in realtà ce l’ha lui o lei (la natura)con la sua forza e la sua indifferenza. Una lezione di umiltà, anche se dura da accettare.
Dai Mlon, sei ancora in tempo a comprare le mie sedie, prima che sia troppo tardi . . . . .(P.P)
Dopo questa mi tocco ampiamente le balle, e non solo…
Giovanni B.
concordo con PP, la sfrontatezza dell’essere umano si sta giustamente ridimensionando, e la Signora natura le sta facendo intendere che chi sbaglia paga. Dai nèn.
Francesco C.
Vero…..