Mentre imperversa la classica ed inevitabile polemica da conta e riconta, e mentre si attendono ancora i dati finali che consegneranno la griglia definitiva al duello tra i due contendenti principe, sono due le rilevanti che ci forniscono queste mega-primarie di centrosinistra. Prima: Bersani tiene grazie al conservatorismo arretrato del Sud e nell’ombra di Donna Camusso. Seconda: Renzi vince e stravince nel Paese sviluppato che ha sete di cambiamento e, indipendentemente dall’esito di domenica prossima, dovrà creare un movimento tutto suo che punti diretto a Palazzo Chigi.
Otto-dieci punti di margine non sono incolmabili, ma il blocco bolscevico dei nuovi elettori al secondo turno aggiunto al bacino di schede vendoliane non propriamente gemellate con Matteo, fa ampiamente risalire la già elevata quota dell’affermazione di Renzi. Anche se oggi l’elettorato moderno è assai più indipendente e meno vincolato (grazie a Dio) ai diktat inferti dal capo-partito, e per questo non è scritto da nessuna parte che tutti i voti del supercazzolaro pugliese dovranno per forza finire all’interno della crapa pelata di Bersani. E senza dimenticarci di tralasciare quell’aria sbruffona ed autolesionista che ha fatto sfrollare miseramente sul più bello il Pd ed i suoi antenati, dalla gioiosa macchina da guerra dell’Achille fino alla corsa ai comuni di Genova, Napoli e Palermo. Oppure chissà, magari deciderà quell’uno-virgola di Nonno Tabacci, già carico a mille per presentarsi anche alle primarie del condominio di casa sua in quel di Quistello.
Il punto cruciale, ora che è certificata la reale forza e prepotenza della rottamazione renziana, è tutto rivolto in prospettiva elezioni-politiche. Che Bersani vinca di dieci o cinque punti, ma anche (Veltroni docet) se dovesse accadere il miracolo del sorpasso all’ultima curva, il sindaco gigliato dovrà proseguire da solo. Perché l’occasione è unica ed indissolubile. E bisogna coglierla al volo nel suo momento di massimo apice. Perché altrimenti non ripasserà più. Almeno con questa verve ed entusiasmo rivoluzionario.
Renzi ha fatto capire di poter valere il 40%, e non solo all’interno del calderone Piddì. Don Matteo non puo’ e non deve aver nulla a che fare con quei mestieranti da Costituente come Rosy Bindi, Livia Turco e Finocchiaro. E imprigionato dentro questo contenitore medievale al soldo della Cgil non puo’ far altro che svanire e perdere completamente del suo fluido rinnovatore magnetico. Non ha alcun senso che se ne torni ad amministrare una città che non amministra più da un anno. E tanto meno avrebbe logica il suo inserimento in una squadra di governo che risente ancora pesantemente dell’influsso della sprecctre dalemiana. Che già ha preannunciato la sua perfida vendetta nei confronti del giamburrasca fiorentino. E il Baffo, quando vuole pungere, sa infliggere stilettale mortali. Provate a chiederlo a Veltroni Walter l’africano.
Anche il momento storico è ideale, quello cioè delle decisioni categoriche ed irrevocabili per tutti. E Matteo non puo’ permettersi di sottrarsi alla lotta quando è accreditato della maggioranza relativa e per giunta con un mare di indecisi che allo stato attuale rappresenta il primo partito italico. E’ necessario un carpe-diem da terza Repubblica, fottendosene di quei mezzi accordi fittizi presi in sede di Primarie, tra l’altro presi con quella classe di dinosauri che manco lo puo’ vedere e che lo manderebbe volentieri a spendere alle altre, di primarie. Quelle buffe e psicadeliche targate predellino.
Il seguito renzista sarebbe enorme, perché oltre ad una buona parte di democratici, il buon Matteo si assicurerebbe una fetta considerevole dell’inevitabile diaspora pidiellina, e la sua scalata verso Palazzo Chigi diverrebbe solida realtà. Ma è necessario che lo faccia ora, subito, Adesso! Per assurdo, anche se dovesse prevalere sul Segretario, perché poi l’insabbiatura degli ex Dc e Pc gli renderebbe la vita impossibile tanto da bruciarlo come e peggio dei suoi abulici predecessori.
Fallo, Matteo, o sarà troppo tardi. Perché adesso non parti più da zero, ma da 40. E perché finalmente è ora di liberarci da quelle putride sabbie mobili da medioevo camussiano.