C’era una volta, tanto tempo fa ma non troppo, una Lega Nord che era vero partito riformatore all’interno del fumoso panorama politico italiano. Una compagine che finalmente aveva messo da parte l’idea propagandistica quanto utopica e folle del secessionismo, della divisione territoriale e della quantomai astratta Padanìa, e finalmente si era consacrata come la vera “forza del fare”, non solo a livello local-triveneto, dove i propri sindaci “sceriffi” avevano creato un humus fertile di produttività, crescita ed anche (bisogna ammetterlo) di buona integrazione sociale, ma anche e sopratutto negli scranni reali del Parlamento di Roma Ladrona.

Maroni agli interni una sicurezza collaudata, Calderoli meno vighingo e più istituzionale, Bossi col sigaro e qualche innocua scorreggia a far cambiar l’aria, e tutti verso una convergenza ed un unione di intenti che dissolveva ogni vago ricordo dello strappo fatale per il Berlusconi Primo. Seppure nata e proseguita come armata politica di rottura e di protesta, che le ha dato e probabilmente continua a darle consensi a due cifre, iniziava ad intravedersi una Lega di Progetto, di Governo, efficace e risoluta, propositiva ed affidabile, con una base nazionale coadiuvata e sorretta fortemente da fondamenta regionali solidissime, con Zaia e Cota scudieri di un Nord verde ed invalicabile. Il primo mattone del progetto federale e federalista era stato fissato con la devolution, e tutti i piani del carroccio parevano correre linearmente e di gran carriera nei binari tracciati da Re Silvio Quater. Troppa grazie forse, troppo surreale che un governo del Belpaese, di qualunque colore esso fosse, avesse potuto proseguire il suo cammino in modo non troppo tumultuoso.

Troppo bello per essere Lega. E così, vuoi perchè il carroccio deve mantenere sempre, da copione elettorale, un profilo bruto e barbaro altrimenti, si dice, la sua base inizia ad afflosciarsi, si assopisce fino a non tirargli più; vuoi perchè al Nord la banda Umberto si è sostituita al vecchio Piccì di berlingueriana memoria, e ne è entrato forse troppo nella parte; vuoi anche perchè Bossi, Bobo e il Calderoli dopo un pò si stancano di stare alla briglia di un protocollo governativo, e devono uscire dalla staccionata come cavalli di razza imbizzarriti, impugnare le loro armi ed i loro boccali, e rilanciare una nuova corsa, anche se in senso opposto a quella appena affrontata. Vuoi per tutto e dippiù, ma oggi come oggi la truppa del senatùr non ha neppure più l’odore del puledro ammirato poco più di un anno fa e, possiamo dirlo forte e chiaro sulle note stonate del bossian Và Pensiero, non esiste più una Lega di Governo.

Passino gli insulti all’inno ai festoni celtico-padani, passi il sole delle alpi inciso nei banchi della scuola di Adro, passino anche i continui vaffa urlati e mimati dal Sor Candido Umberto, e passi pure, non me ne voglia l’immenso Pres. Napolitano, anche la pantomima dei ministeri al Nord (che pare più una commedia di Pupi Avati); quella che invece ci sta raccontando da qualche mese la signora Lega Nord è un’altra storia, molto più seria, tutta diversa, che non vogliamo lasciar passare. Non è la forma che conta, sono, come si suol dire, i contenuti ed il merito, tanto che ora forse ci incazziamo molto di più e le balle ci girano assai più velocemente quando qualche consigliere regionale, (italiano, ndr) se ne esce al momento dello stacchetto del Mameli, oppure quando una qualche sperduta giunta della bassa brianzola decide di filodiffondere il signor GiuseppeVerdi al posto suo.

I fatti sono che il carroccio è in balia di sè stesso e del suo rovinatissimo condottiero, che dice e fa tutto ed il suo esatto contrario. Dopo la departita voluta di Fini ed i suoi tre quattro amiconi, la Lega aveva la possibilità di condurre assieme al Pdl una serie di vere e concrete riforme, senza se e senza ma, con coraggio e coesione, senza voltarsi o ritrattare, in un momento, che oramai dura da oltre sei mesi, in cui la crisi e la cinghia sono all’ordine del giorno.

E invece, che fa la Lega di Governo? Maroni e Bossi si sfanculano vicendevolmente, creando le classiche fazioni dalla parte dell’uno o dell’altro; l’Umberto non fa altro che esporre allegramente ad ogni passante di maggioranza ed opposizione il suo vissutissimo ditone medio, quasi a metterci il dubbio che davvero sia una protesi applicata ad personam; ed ogni ministro verde del Governo non perde mai l’occasione per porre il suo diktat quotidiano a proposte e disegni di legge presentati dagli esponenti del Cavaliere. Siamo arrivati al punto in cui anche “fratello Tremonti” ha rischiato seriamente di essere messo a gambe all’aria dopo alcune tiepide dichiarazioni che neppure entravano nel dettaglio della manovra-bis.

E l’ormai incomprensibile Umberto che zompa di saga in sagra con l’immancabile slogan a cui neppure più il popolo leghista crede, “Padania! Libera!”, e continua la sua lotta a spada trattissima contro l’innalzamento dell’età pensionabile, perchè, dice raucamente, dopo aver dato en passant dello stronzo a Casini, “Noi siamo dalla parte della povera gente, di quelli che non arrivano alla fine del mese”. E tutti i ministri pedoni che lo seguono ciecamente, finanche a Bobo Maroni, di nuovo tutti uniti appassionatamente, ma contro il Governo però. E che ne dite poi di quel bellimbusto del ministro Calderoli, di chiara origine Brut-padana, che dapprima presenta in prima persona la parte del decreto relativa alla semplificazione di comuni e province e poi, d’incanto, dopo neppure una mezza settimana tuona perentorio affermando che i tagli sono eccessivi, e che così gli enti e le autonomie locali soffrono troppo. Soffrono troppo?! Siamo noi che iniziamo ad essere insofferenti, caro Roberto.

La Lega, come la CGIL o addirittura come la peggior Fiom, non vuole toccare le pensioni, non vuole la patrimoniale, non vuole neppure il taglio netto delle delle inutilissime province; ci manca solo che il 6 settembre i rappresentanti leghisti si mettano tute blu impugnando bandieroni rossi con falce e martello, e se ne vadano a sfilare in prima fila all’ennesimo assurdo sciopero cigiellino, abbracciando calorosamente Lady Stalin Camusso e compagni. L’intero mondo e l’Europa tutta sanno ormai da tempo che l’innalzamento nel breve-medio termine delle pensioni d’anzianità è necessario ed indispensabile, ed infatti ogni Paese che si ritenga competitivo e responsabile lo ho già iniziato a fare.

Noi no, perchè qui nel Belpaese abbiamo la signora Camusso ed il fido Landini, che vivono ancora nell’Italia di Gianmaria Volontè ne “La classe operaia va in paradiso”, ma anche perchè da oggi abbiamo una grande new entry nelle fila del partito dell’immobilismo e della restaurazione medioevale: la Lega Nord per la Padanìa indipendente. Se allora, caro Umberto, vuoi davvero bene alla povera gente ed al, come si dice, futuro dei giovani padani, fatti da parte il prima possibile, magari con l’ennesima benaugurante pernacchia, e lascia che questo movimento ben radicato diventi davvero un partito di Governo, riformista, moderno e, se vuoi e se ti piace così tanto, anche di lotta. Perchè è questo che vuole tutto il popolo leghista.

 

 

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