Ci sta che Schwazer si sia voluto sfogare in maniera plateal-psicanalitica chiarendo e piagnucolando tutto ciò che di marcio aveva dentro l’intestino ed il fegato eritropoietato. Ci sta pure che web e star system lo stiano condannando e crocifiggendo, e non è assolutamente scandaloso – come vanno dicendo alcuni monsignor bigotti di uno pseudo giornalismo conservatore del tipo sua Santità Dentone di Jacopo Volpi – che per due giorni due lo Stivale si scagli su uno dei suoi figli olimpici prediletti per il semplice e legittimo fatto che il signorino Alex ha tradito e fottuto la fiducia e la trepidante attesa di migliaia di supportes italici a cinque cerchi. E ci sta anche – sisssignori – che lo Schwazer dica che quel gesto sia stato frutto ultimo e velenoso di un latente e disfacente strattonamento tra chi lo voleva in condizione-Pechino e la sua anima corporale che rigettava di netto al solo pensiero di pane e marcia, producendo poi nella sua testa oramai bacata l’elusione della realtà con quel misero e commiserevole espediente di nome EPO.
 
Ma ciò che non ci sta, caro genuino e schietto Alex, è che tu ci venga a dire in mondovisione che tutto questo macello autodistruttivo e siringato l’abbia fatto, voluto e cercato esclusivamente con le tue sole e delicate manine bolzanesi. E che ti sei preso la briga autonoma di varcare il Brennero e dirigerti nella “poverissima” Turchia, entrando in una delle peggiori farmacie adescate su Internèt, portandoti via in saccoccia millecinquecento euro tra proteine, vasetti, siringhe e chi più ne ha più si faccia. Suvvia, eddai, ma va là, dai nèn! Semplicemente non sta in piedi, non regge, caro amico del Pinguì AlexSchwazer.
 
E contrasta assai stridulo con il racconto che ci hai fornito ieri l’altro nella tua Bozen. Se è vero come affermi – convintissimo e quasi giurando – che già da un bel pezzo ne avevi le palle assai piene di sta cavolo di marcia e della popolarità insofferente che ne seguiva, non ti bastava allora correre alla meno peggio  la 50 km, facendo capire a tutto quel mondo oppressivo che ti stava appiccicato che forse era arrivato davvero il momento di smettere per manifesta incapacità tecnica? Se è poi vero come dici – ripetutamente e senza balbettii bilinguistici – che già dall’immediato post-Pechino pensavi di lasciare la marcia e i suoi derivati  per fuggire nella tranquilla normalità delle valli trentine, ma le assidue e robuste pressioni interne (mammà & co.) ed esterne (allenatore e dintorni) non te lo hanno permesso, come possiamo ora noi – appassionati di grande sport e verità – crederti ciecamente sulla parola, e non pensare almeno per qualche istante che dietro questa tua scappatoia turca non vi sia una mano medica – ferma e potente – che si sia occupata della gestione e/o acquisizione di quelle sporche e dopatissime sportine che hanno decretato il tuo sollevatissimo quanto misero Game Over? 
 
Se poi il personaggio in questione è il dottor Michele Ferrari – per tutti “Il Mito” – numero uno assoluto nella preparazione di una marea di ciclisti e di numerosi altri atleti, beh allora il mistero e le perplessità vanno via via sempre più infittendosi. La lista dei professionisti “toccati e dopati” da Ferrari è lunghissima. Il ciclista Pozzato non è a Londra per problemi di doping, e sarà a giudizio tra un mesetto. Altri ciclisti come Scarponi e Visconti sono caduti nelle grinfie del Mito, e stanno ancora attendendo di saper di che morte dovranno campare. Il parallelo tra Ferrari ed il doping è purtroppo oramai di lungo datato. Negli anni novanta andò a giudizio, ma fu assolto grazie all’allora vacatio legis. Recentemente seguì il kazaco Vinokourov, che nel 2007 fu beccato al Tour per una trasfusione, e nientepopodimenochè il leggendario Lance Armstrong, su cui la procura di Padova – in collaborazione con la Wada e l’Interpool – sta indagando riguardo all’eventuale sistema dopante che avrebbe portato il texano a divenire il maggior pluridecorato nella storia della Grand Boucle. E sotto inchiesta ci anche numerosi altri atleti, ciclisti per la maggiore. Ma non solo.
 
Per ora il pentito Schwazer non è nè indagato nè è stato invitato a comparire. Ma adesso sarà il caso che parli, e alla svelta, dicendo tutto quello che sa e che deve. E che non ci dia più a bere quella triste ed inverosimile leggenda di quel clandestino viaggio fatto in Turchia. Perchè ora, dopo essersi liberato da coscienza e fegato, è la volta di svuotare per bene anche tutti i sacchetti e le sportine colme di eritropoietina. Dalla prima all’ultima. Perchè questo suo pianto liberatorio non sia stato vano e fine a sè stesso, ma possa poter aprire un piccolo grande varco per sgominare alcune delle più potenti e viscide bande fatte di laboratori mobili ed intoccabili. Farmacisti turchi inclusi.
 
 
 
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