Il giaguaro è bello che vivo. Il giaguaro è più ringalluzzito che mai. Le elezioni più spasmodiche ed eccitanti della vita repubblicana conclamano un unico grande trionfatore: Giuseppe Piero Grillo, detto Beppe, in Casaleggio. Tra i comuni mortali, l’unico a poter cantar vittoria è il Berlusca, che riesce nell’impresa di riportare a galla un Pdl che non più di un anno fa giaceva nell’assoluto de profundis. Il resto è moria pura.
Monti non è neppure una stampella, Casini salva il seggio, non la faccia, mentre Fini viene licenziato da Camera e Parlamento. Ingroia è fuori da tutto e, dopo una campagna elettorale fatta di un misero Bella Ciao, adesso vuol scaricare tutto sul Pd. E con Giannino che va anche oltre le sue balle, ma che poi vuole pure prendersi il merito di non aver fatto vincere Silvio. Per quel vizio tutto obrobriosamente tricolore di non voler mai ammettere colpe e debacles, neppure davanti ad un Titanic che ha già preso il largo.
Come nel caso di Pier Bersani, unico vero indiscutibile trombato di questa turnata zerotredici. Dopo aver restaurato al medioevo l’ottima creatura democratica del buon caro ma coniglio Veltroni. E dopo aver traccheggiato col Berlusca morente senza neppur il coraggio di chiedere quelle elezioni che in un Paese logico e normale un’opposizione logica e normale non vedrebbe l’ora di farle per tornare a comandare. E ancora, dopo aver distrutto definitivamente il progetto europeista e obamiano (forzatura, ndr) di un Pd più progressista e meno conservatore, troncando di netto ogni velleità meritorie del rinnovamento renziano.
E infine, come tragica e lapalissiana conseguenza del tutto (e del niente), senza aver raccimolato un voto – anzi addirittura perdendone al cospetto delle lontanissime Europee 2009 – riuscendo nell’impresa arci-titanica di risollevare un cerone dai fuochi fatui come il Cavaliere, ecco che l’amico del giaguaro PierGarghi a mala pena si prende la Camera, chiudendo persino alle spalle di quel comico ultra populista e demagogo di Beppe Grillo.
E dopo tutto questo ben di Dio che pure la metà del quarto basterebbe, beh che ti va a dì ieri il Bersani in una conferenza stampa indecifrabile, dislessica e incomprensibile anche ai bettolesi? “Anche se siamo arrivati primi, non abbiamo vinto”, “Io non abbandono la nave”, “O da capitano o da mozzo io non abbandono la nave” (bello scandito nel classico bersanese da leggera tenerezza). Ehhhh??!! Che cosaaa??!! E ce mancava pure che ce veniva a raccontà c’aveva vinto. O che era contento d’avè superato er Berlusca de dumila voti…Robe da matti. Rode da Piddì.
La conferenza stampa del nulla cosmico
Ma ve ne rendete conto?! Sto qui affossa Veltroni, ritorna con D’Alema, sfancula Renzi, si ripiglia Bindi-Finocchiaro-Marini, ci mette il carico da novanta di Camusso e Vendola, alle urne fà il peggior risultato di sempre dell’unico partito seriamente strutturato e da secoli militante, e mo’ adesso ci viene a raccontare che sono arrivati primi e che lui non abbandonerà la nave??!! Oohh!! Ah Schettino!!
E pure senza uno straccio di mezza scusa, di un quarto di mea-culpa, di un sedicesimo di tiepida assunzione di responsabilità. Come se nulla fosse, come se il Partito Democratico non potesse e non potrà mai aspirare a governare (beh certo con lui è assodato). E magari la colpa è dell’elettorato. Degli italiani. Perchè si ostinano stupidamente a votare il satrapo di Arcore. E perchè si incaponiscono a non capire che l’unica scelta concepibile è quella espressa a una milizia il cui capo si è particolarmente distinto in campagna per l’esilerante tentativo di smacchiare un giaguaro vecchio e ripetitivo.
Perchè il problema è sempre questo. Da vent’anni. E forse da sempre. Quello patologico autodistruttivo di una sinistra elegante, snob e comunista al caviale, che sfotte e demonizza l’avversario, ma che poi è costantemente trombata e fottuta dal sommo popolo elettorale. Colpevolizzando il voto avverso, e considerandolo stupido, pecorone e facilmente abbindolabile. Senza dire mai e poi mai, neppure tra i denti, neanche biascicato – quasi nella peggiore sindrome di Fonzie – “Ho sbagliato” o “Abbiamo perso” o ancora “Mi dimetto”.
Che rapprensentano una costante lineare e normalissima della vita di ogni dirigente terrestre. Non raggiungi gli obiettivi? Ti cacciano o ti dimetti. Perdi? Ti licenziano. Sbagli? Paghi. Ma nell’emisfero medieval-camussiano del Piddì tutto è fermo da oltre un ventennio. Perchè da oltre un ventennio son sempre quelli. Gli stessi dinosauri ingialliti comandati a bacchetta dal solito intramontabile Baffino. E infatti l’unico che si dimise fu il solo che entrò pesantemente in contrasto con l’oligarchia dalemiana: quel sognatore (un po’ fifone) del Veltroni. Che alle ultime elezioni prese, da solo, il 34.2%…
Ma adesso è davvero giunta l’era di dire basta. Basta ai baffi e ai giaguari. Basta al medioevo e alla Camusso. Basta con Bindi e Finocchiaro. Basta con chi ragiona ancora con bandiera rossa e avanti popolo! Basta con quegli assurdi ideologismi degli anni settanta, ancora sudditi della “classe operaia che va in paradiso“. E basta soprattutto a quei matusa snob con la puzza sotto il naso, che considerano il loro voto meglio e migliore del tuo. Perchè loro sono il bene, e il resto è male e dannazione. Perchè loro sono l’itelligentia pura, e gli altri miseri coglioni da sbertucciare. Basta. Basta. Basta.
Perchè, come ha dichiarato poc’anzi Grillo – riguardo all’appecoramento di Gargamella nei suoi confronti – “Nessuna fiducia a un governo Pd, Bersani lasci, è un morto che parla”. E lo seguano a ruota tutti gli altri dell’era geologica-Pd, se non vorranno finire diretti dentro il loculo tra una manciata di mesi.
Firma con un commento il progetto #BersaniVattene. Esprimi lo sdegno profondo verso questa medievale e deleteria classe PD. Perchè Bersani si dimetta, subito. E che lo seguano a ruota Bindi, Finocchiaro e compagnia geriatrica. Perchè fnalmente si possa voltar pagina con l’unico vero possibile rinnovamento italico: Matteo Renzi.