“Contesta la Boldrini. Trova la polizia a casa”. Più o meno la home della maggior parte delle testate italiche on-line di martedi 14 maggio recitava questo virgolettato, con taglio medio-alto. La notizia è di quelle forti, e viene riportata da Il Giornale (sia nel quotidiano cartaceo che nella versione internèt), ed ogni magazine che la pubblica si rifà ad esso. Il pezzo riferisce di “un blogger emiliano” (Alessandro M.) che venerdì scorso ha ricevuto la visita degli agenti della polizia postale. E di un’immagine, nello specifico un fotomontaggio, che è stata fatta rimuovere dal sito e dai social networks successivamente linkati. Il blogger in questione è il sottoscritto. Il blog, mai menzionato, è quello de nò altri. Il primo, unico ed inimitabile “senza etichette”, Mlon13, e quale sennò.
Tutto ebbe inizio quando la sera di venerdi 10 maggio (intorno alle ore 21, non alle 16 come riporta Il Giornale, ndr) ricevo una chiamata al cellulare. Il momento non è dei migliori, anche perchè l’aperitivo è partito, e la tanto agognata cena di quel che rimane della vecchia “compagnia” oramai incombe. L’istinto è quello di non rispondere, ma alla fine prevale la cortesia. La voce dall’altro lato dell’apparecchio mi intima di recarmi a casa, dove stanno per sopraggiungere degli agenti della polizia postale. Di primo acchito ho sorriso, pensando ad una burla di qualche irriducibile buontempone, o ad un semplice scherzo da prete, seppur assai malefico. Ma la realtà era tutt’altra, tant’è che dopo pochi istanti ho ben inteso che nessuno aveva alcuna voglia di prendersi giuoco del sottoscritto, e così sono corso immediatamente alla residenza. Senza neppur smaltire quel mezzo bicchiere annacquato di Branca menta (per fortuna il tragitto alla maison era abbastanza breve). Attendo i poliziotti qualche minuto, il tempo necessario per farmi una bionda (sigaretta s’intende) e beccarmi una mezza catinella d’acqua piovana. Appena inizio a ripensare all’ipotesi-zingarata, ecco che gli agenti son già sotto casa. E mi ridesto di botto. Entriamo in casa, ci sediamo, e rimuovo ogni traccia di fotomontaggio. Una notifica. Nessun sequestro ne’ oscuramento. La visita è durata un’oretta, in un clima di grande civiltà. Gli agenti hanno mostrato un tatto ed una discrezione da applausi. Era d’uopo evidenziarlo.
Il secondo atto della vicenda che vede coinvolto il blogger emiliano Alessandro M. si svolge durante la lunghissima ed estenuante giornata di lunedì 13 maggio. Il protagonista è l’immancabile ed onnipresente cellulare. Che squilla. Anzi vibra. Dall’altro capo si materializza un cronista de Il Giornale, che chiede conferme e lumi. La chiacchierata dura alcuni minuti, giusto il tempo di spiegare la storia, a grandi linee. Si parla pure di reazioni, emozioni e sensazioni. Anch’esse vengono enunciate. A grandi linee. Con paure e timori annessi, riguardanti non il momento della notifica da parte degli agenti, bensì eventuali successivi provvedimenti. Che non vi sono stati. Poi me ne ritorno al banco di lavoro, un po’ tramortito, e assai confuso. Ne parlo tra me e me, razionalizzando. Mi sale l’ansia, quasi panico: “Oddio che ho detto”. Poi mi passa, e mi quieto: “Ho detto quel che è, che avrò mai detto”. Non mi capita certo ogni giorno di parlare alla stampa.
Il giorno seguente (siamo al 14) nasce ed esce l’articolo, a pag. 9 del quotidiano da rotativa, col titolone di cui sopra. La velina (postuma) mi vien consegnata da un amico-talpa, che mi soffia nelle orecchie la soffiata di Alessandro Milan (per me era ancora notte fonda). D’istinto mi fischian le orecchie. La ricostruzione dell’accaduto è abbastanza fedele. Fatta eccezione del già menzionato orario di arrivo degli agenti (le 21 circa, non le 16), e del sottotitolo che indica nel tweet ironico (“Popolo del tweet, inviamo un fotomontaggio osè...”) il fondamento di tutta la vicenda. Mentre, per quel che ne so, la base di partenza rimane il fotomontaggio stesso, poi sì esteso anche a Twitter e Facebook.
Alcune forzature e sensazionalismi giornalistici fanno da sfondo e da corollario. Ma si sa, questa è la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente…niente.
Questo è, se vi pare. La storia (con allegata cronistoria) del blogger emiliano Alessandro M., che voleva unicamente provocare facendo satira con un fotomontaggio. Per esprimere un’opinione ed un forte dissenso. E che mai, neppure per un milionesimo di secondo, aveva pensato di offendere ed insultare. Ne’ tanto meno di diffamare.
NOTA (bene): riguardo all’articolo uscito sull’edizione de il Fatto Quotidiano (edizione online, sezione Emilia Romagna) di mercoledì 15 maggio, con l’intervista al comandante degli agenti della Polizia Postale, vorrei ribadire, come già sottolineato nel post di cui sopra, che non ho mai parlato di “violenta perquisizione” ne’ di essere “letteralmente terrorizzato” per la visita degli agenti. La paura è scattata in seguito, per il timore che fossero presi ulteriori provvedimenti o sanzioni. Che, come segnalato nel mio articolo, non sono stati adottati. Confermo invece la garbatezza dei poliziotti, oltre che del sottoscritto.
Ciao, grazie per avermi linkato il blog su twitter. Ti prometto che quando il tempo me lo consentirà gli darò un occhiata più approfondita. Ti rispondo qui in quanto i 140 caratteri di twitter non permettono una risposta esauriente. Arrivando al punto voglio fare una considerazione su quando scrivi (cito testualmente)”…voleva unicamente provocare facendo satira con un fotomontaggio. Per esprimere un’opinione ed un forte dissenso. E che mai, neppure per un milionesimo di secondo, aveva pensato di offendere ed insultare. Ne’ tanto meno di diffamare.” Io non credo che quel fotomontaggio possa essere considerato satira in virtù del fatto che oltre ad essere falsa è anche accompagnato da un testo che recita “Il troiaio non ha fine”. E’ vero che il confine tra satira ed insulto certe volte è sottile ma credo che in questo caso sia stato abbondantemente oltrepassato in quanto chi ha creato l’immagine non solo l’ha spacciata per vera (almeno cosi riportano i giornali) ma l’accompagna anche da quello che è chiaramente un insulto. Detto questo sono d’accordo che la rete deve essere lasciata libera. In rete si deve essere liberi di esprimere le proprie opinioni, di protestare e anche di informare, ma non credo si debba essere liberi di insultare o diffamare. La rete deve essere soggetta alle leggi italiane che regolano i rapporti civili come d’altronde lo è sempre stata. Per questo credo che tu abbia sbagliato nel diffondere quell’immagine, anche se credo nella tua buona fede. Se ci rifletti un attimo inoltre credo che se un attacco del genere l’avesse subito qualcuno a te caro o se l’avessi subito tu non credo ti avrebbe fatto piacere. Se poi la polizia avesse avuto nei tuoi riguardi la stessa premura che ha avuto per la Boldrini è un’altra questione. Scusa se ti ho tediato con le mie noiosissime considerazioni e in bocca al lupo con il blog.
Ciao Gigman, nessun tedio ed alcuna noia. Anzi. Voglio solo precisare che il fotomontaggio che ho creato con la “famosa” immagine di nudista non includeva assolutamente il testo citato originariamente (“il troiaio non ha fine”). Anche per questo, mi sento di considerare l’immagine all’interno della sfera dei “semplici fotomontaggi” provocatori, utilizzati per esprimere un’opinione immediata, seppur aspra. Verso dichiarazioni e provvedimenti che con sessismo e femminicidio – mio parere – c’entrano davvero ben poco.
Un caro saluto. Crepi.
Salve, ho seguito con sconforto la vicenda che ti è capitata e vorrei fare un paio di considerazioni a riguardo. Non mi soffermo sulla natura offensiva o meno del fotomontaggio in se, se l’interessata non ha gradito è giusto che si sia lamentata come poteva, certo è che una risonanza così grande per una minchiata del genere è l’ennesimo segno che ai problemi del belpaese ci pensano in pochi (stiamo parlando di 2 tette in fondo).
Cio’ che mi da da riflettere è che ci sia un ufficio con persone assunte che lavorano esclusivamente per proteggere il nome e l’immagine dell’interessata. Non credo siano la polizia postale ne la Boldrini a navigare su internet in cerca di robe da censurare. Mi sai dire se ho ragionato bene o mi sbaglio?
Se ho ragione, chi paga queste persone?
Caro Lucio, non ho idea chi possa essere a navigare. E neppure se davvero esista tale task force da 7-8 uomini adibiti al controllo. Se così fosse, le pagheresti anche tu. Come me.
Un saluto.