Bruno se n’è andato. Bruno è stato licenziato. Bruno non vive più tra noi. Evviva l’Italia, evviva Mamma Rai. E chi per primo ed in esclusiva mondiale ha chiesto a gran voce la cacciata della peggior voce della storia del telecronismo pallonaro, dopo averne prima caldeggiato le gesta e le mirabolanti aspettative, non può che accogliere la notizia con sfiati di trombe ed eccitanti orpelli artificiali. Condanna eseguita. Giustizia è fatta. E il sacrifizio salvifico del triste Bruno non potrà che riconsegnare ossigeno e nuova linfa ad una Nazionale mai così abbattuta e bistrattata come nell’interminabile biennio polacco ucraino.E’ una vittoria di Pirro, ottenuta ad un prezzo eccessivo, salatissimo. Quello cioè di oltre due anni di cronache ridicole e martoriate, vissute per la maggiore con il tasto MUTE ben ancorato sul neo digitale. Due anni in cui la gioia azzurra si è tramutata in agonia vergognosa della parola. Senza neppure far sorridere. Senza far neanche suscitare quel minimo sindacale di ilarità compassionevole. Due anni di biascichi e ansie glottologiche.
Due anni di amnesie e scambi di terzini. Due anni di pronunce bulgare improponibili. Due anni di inconcepibili impeti a metà campo. E di blackout assordanti in area avversaria. Due anni di mini-spot lasciati a Viale Mazzini. E di commenti bisbigliati come se fosse Antani. Menando il can per l’aia. Invece di menare quel fenomeno d’opinionista di Beppe ovvietà Dossena. Un nome, un cognome, due perché.Ma è pur sempre una vittoria gratificante e goduriosa, per Noi che non abbiamo mai mollato, e che da subito minacciammo la pericolosità frustrante del soggetto Gentili. Noi che ci siamo prostrati, e che per questo ci si è gonfiata la prostata. Noi che non abbiamo mai mollato, mentre lui continuava a smollarci strafalcioni e assurdità croniche. Noi che abbiam fatto il progetto, mentre lui progettava altre confusioni tecnico tattiche. Noi che ci venivano i conati pallonari, mentre lui procedeva imperterrito col suo canovaccio letale, incurante del microfono, e strafottendosene di milioni di spettatori inermi ed incazzati neri. Noi che adesso siamo liberi dal peccato e dal suo turbamento, e che ora finalmente possiamo ristringerci a coorte senza più l’assillo ed il terrore che il tasto Mute si impossessi per sempre delle nostre serate da divano azzurro.
Il testimone insanguinato di Bruno verrà acchiappato da quel teutonico tutto d’un pezzo di Stefano Badstùber Bizzotto. Una consacrazione – per l’altoatesino Rai – che arriva dopo una vita di Viale Mazzini ed una buona gavetta targata Under. Bizzotto è tipo serio e serioso, ma grande cultore della pronuncia ed ottimo professionista del microfono. C’è da attendersi una cura spietata ed ossessiva nella dizione degli avversari azzurri, che andrà a tramutarsi in eccitazione nel caso di tedeschi ed austro-ungarici. Il cinquantunenne spazzolato venuto da Bozen non lascerà molto spazio ad emozioni, palpitazioni ed esultanze gaudenti. E – c’è da giurarci – neppure alla spalla che lo affiancherà, che dovrà essere esauriente e sintetica come non mai. Perché Bizzotto, preciso e permaloso come pochi, non ammetterà troppi sproloqui e pistolotti senza coda.
E questo è un bene. Perché per esclusione dovrebbe eliminare il primo non-adatto alla nomina, vale a dire quell’antipatico suscettibile di Fulvietto rossotinto Collovati. Dovrebbe, ma non sarà. Perchè invece – purtroppo e con ogni probabilità – alla fine sarà proprio il mandibolino ad ottenere lo scettro di commentatore ufficiale, rompendoci palle e scatole con quell’intercalare finto-rassicurante da talk show della Brianza. Che ti vien voglia di raparlo a zero. A lui e pure a quella bellimbusta della moglie Caterina (pure lei mandibolina, ndr). In tal caso, statene pur certi e sereni, è già bello che pronto in ghiacciaia il nuovo progetto d’esclusione tele pallonaro. “Fulvio Vattene”, ovviamente.Ma intanto – en tranchant, sa va san dir – “godiamoci” grazieaddio per l’ultimissima volta quello spettacolo circense e le performances allucinanti che ci concederà il Bruno cacciato, che domani a Parma concluderà mestamente la propria esperienza efisemica azzurra. Senza patemi d’animo né alcun tipo di tormenti nervosi. Serenamente. Un po’ come con quello stato d’animo di chi si sta spaccando la schiena sotto il sole bestiale raccogliendo meloni, pesche o cocomeri. Un po’ come quando sei sulla tazza del water e ti stai per infilare due dita in gola per vomitare. Fa schifo, è durissima, ma lo fai abbastanza volentieri. Perché sai che dopo poco sarà tutto finito.
Addio Bruno, impareggiabile e triste dilettante.