Dopo la full immersion del compitino presidenziale  che le ha portato plausi e celebrità dall’opinione pubblica tutta, compreso quello di mitraglietta Chicco La7 Mentana (come se leggere un migliaio di volte il nome di Rodotà fosse una mandrakata) Laura Boldrini non ha più smesso di dire e parlare. A vanvera.

Prima le dichiarazioni post-Preiti, che esortavano a capire e comprendere, giustificando di fatto l’attentatore perchè era la crisi (maledetta) ad aver trasformato le vittime in carnefici. Poi la scoperta apocalittica degli insulti sul web (e nel mondo, aggiungiamo noi), che fanno atterrare precipitosamente la Presidenta sulla Terra, facendole combattere un’assurda ed arcipocrita guerra personalistica contro i mulini a vento spacciati per femminicidio. Con tanto di censura talebana annessa e discconnessa. La Boldrini si sveglia dal torpore candido ed immacolato che la avvolgeva sino all’altro ieri e si accorge per incanto che un personaggio pubblico può essere bersagliato quotidianamente via rete anche con le peggiori nefandezze (ma vah!). Non che sia giusto, ma accade. Per tutti. Da Alfano a Brunetta, da D’Alema a Bersani, da Formigoni a Tonino Di Pietro. Che femmine non sono, ci pare.

Ma la Boldrini ne fà una questione di classe. Personale. Visto che  improperi ed insulti hanno colpito lei, presidente donna. E così dapprima chiede l’introduzione di una norma che regoli il web – senza però accorgersi che tale legge fosse già ampiamente vigente – poi fa indagare per diffamazione aggravata un giornalista che aveva postato il celebre fotomontaggio del “falso nudo”, ed infine mette in correlazione le porcherie di Internèt col sopruso delle donne, appoggiando la buffa task-force chiesta dal ministro-crucco Idem, arrivando financo a chiedere una limitazione nell’uso del corpo delle donne in pubblicità. Bah.

Siamo passati dalle minacce via Twitter di una manica di imbecilli allo stato di assoluta emergenza sociale dell’intera classe femminile. Forse anche uno squilibrato insultatore del web capirebbe che l’associazione tra le due cose è alquanto bizzarra e insostenibile. E che la signora onorevole Laura Boldrini sta combattendo una battaglia di classe e costume che, oltre ad essere inesistente, è per sino deleteria per le stesse donne per cui si è auto proclamata (pseudo) paladina.

Primo: è un’emerita cazzata affermare che siano solo le femmine ad essere insultate dalla rete. Anzi, forse è vero il contrario. Secondo: è improponibile, insensato ed inapplicabile poter mettere la museruola a milioni di utenti e followers che non vedono l’ora di poter dire la loro (anche aspramente) al personaggio pubblico del giorno. Altrimenti dovresti eliminare l’intero strumento social. Ma poi il giorno dopo te ne troveresti almeno altri due di pari livello e dimensione. Terzo: non è che fai una battaglia moralizzante solo perchè ti sei ridestata nella realtà e è stata colpita la tua persona. Questa al più dicesi ipocrisia galoppante. Quarto: è ridicolo e al limite del grottesco denunziare chi ha diffuso una banale e procace foto di milfona spagnola spacciandola per la presidente della Camera. E ancor più assurdo se fatto per censurare con lo scopo di dare l’esempio morale. Perchè allora vivremmo nel bavaglio nordcoreano, e non basterebbero un milione di cappi al giorno. E anche perchè la censura crea solo altro scompiglio incontrollabile, oltre che pubblicità inutile e gratuita per i beceri soliti idioti.

Punto quinto (e fondamentale): non solo pensare, ma arrivare addirittura a sostenere verbalmente e scientemente che i corpi seminudi e sinuosi di ragazze prestate a marchi commerciali rappresentino una fonte di mercificazione che possa condurre automaticamente a stupri e violenze di ogni genere è sia folle che discriminante proprio per la categoria femminile. Perchè ragazze, mogli e madri hanno conquistato nei secoli il loro sacrosantissimo diritto di potersi muovere e vestire come e meglio credono. Così oggi possono girare in minigonna o col tacco 12, possono governare Confindustria, e possono persino avere una truppa di uomini alle loro dipendenze. E – perchè no –  posare nude per una marca di biscotti al lampone piuttosto che per un amaro ammazzacaffè. Perchè sono emancipate, e perchè anche questo è un lavoro. Nobilissimo e ben pagato. E nessuno le obbliga a farlo o viene costretta da un plotone di esecuzione israeliano. Possono e sanno decidere in completa e totale autonomia femminile.

Ridurre l’esposizione del corpo del gentil sesso, oltre ad essere il solito fumosissimo e psicoanalizzante luogo comune radical al caviale (perchè poi miss Boldrini ci dovrebbe anche spiegare come e dove vuole realizzare concretamente questa pensata), significherebbe per la donna la perdita totale e tout court di tutte quelle conquiste maturate e sudate nell’era moderna occidentale. Dalla libertà di scelta, di espressione, di costume. E pure di quella sessuale. Perchè in un paese libero e liberale come è l’Italia, oggi una ragazza maggiorenne e vaccinata può decidere di darla o non darla a chi le pare. O a chi le fa più comodo. Senza dover attendere il consenso o la censura dell’onorevole Boldrini. Che vede ancora la femme come un automa inerme e indifeso, pericoloso e privo di autonomia decisionale. E che vorrebbe forse trasformare in una bigotta e devota Concetta del primo dopoguerra. Magari anche con burqa e chador d’ordinanza.

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