“Emilio Fede sapeva perfettamente che Ruby era minorenne. E fu lui a condurla ad Arcore per la prima volta il 14 febbraio. Quella sera Ruby si recò in viale Monza da Lele Mora. Da lì la minore andò a Segrate laddove con Fede si recò ad Arcore presso la residenza di Silvio Berlusconi. Quindi noi – poi spiegherò perchè anche la Minetti fosse consapevole del fatto che Ruby era minorenne – quindi noi partiamo, rovesciando la prospettiva probatoria, dall’alto verso il basso, riusciamo a dire che i nostri imputati (gli unici imputati che contano in questo processo) sapevano che Ruby era minorenne.
Fede l’aveva conosciuta nel febbraio, nel settembre del 2009, ne aveva apprezzato come un saggiatore di vini pregiati la beltà fisica, estrinseca, estetica, l’aveva presentata a Mora che la pascolava un po’, la teneva in caldo diciamo, facendogli fare qualche seratina, per poi immetterla nel circuito. “
Pubblico Ministero Antonio Sangermano
Questa la teatral-retorico requisitoria del piemme Sangermano, che si conclude con la richiesta di 7 anni di reclusione per il trio Bunga-Bunga Mora-Lele-Minetti nel cosiddetto Ruby-bis. L’arringa di condanna del pm è quanto meno pruriginosa e romanzesca. Sangermano dipinge le presunte ragazze invitate ed accompagnate ai presunti festini Harcore come “vini da assaggiare” e “carne pascolante”. Un po’ come si stesse parlando di un gregge di pecore, o di un’ammasso di capre o, meglio ancora, di una mandria di vacche eccitate. Da sfruttare, gustare, e poi alla fine macellare.
Non vi pare allora che, come per l’arringa di Red Boccassini, anche in tal caso trattasi di semplice, puro e limpidissimo razzismo nei confronti di giovini ed avvenenti ragazze che vengono descritte come troie mignottone e ridotte-disprezzate al mero e denigrante ruolo di animali da monta?
Dov’è andato a finire allora, questa volta, il grido di allarme anti-femminicidio lanciato dal Presidente Boldrini un giorno sì e l’altro pure? E perchè – ohibò – non viene usato anche in questa pacchiana occasione per sottolineare ed esprimere lo sdegno e l’indignazione verso la quotidiana martoriazione – non solo fisica – che la povera ed indifesa donna italica è costretta a subire con soluzione di continuità?
Ai poster (della Camera) l’ardua sentenza.