A Roma, sponda giallorossa, si continua imperterriti nel volemose male. Dopo l’azzardo dell’asturiano stanco, che inizia a riprendersi solo ora con il fichaje al Celta, e dopo l’effetto boomerang del semestre bianco ari-zemaniano, a Trigoria voglion prorpio diventare gli esegeti ufficiali del nun c’è due senza tre. Di anni buttati, ovviamente.
La farsa autolesionistica della Capitale della Sud non conosce fine. E limiti. Non bastasse l’anagramma societario degno della miglior zingarata monicelliana, da “Bombolo” Di Benedetto a James Pallotta, passando per Joe “magno a sbaffo” Tacopina, e come non fossero sufficienti due stagioni aberranti senza neppure uno straccio di Uefa, voilà che la smania autodistruttiva lupacchiotta non vuole mettersi freni e confini. Tant’è che a giorni firmerà la solita fragorosa promessa estera ad effetto, che nulla sa di Roma e della A, e che con ogni probabilità non assaggierà ne’ il pandoro e tanto meno l’uvetta.
Rudi Garcia è la prova provante che la follia giallorossa è divenuta patologica e protocollare. E che anche quell’ottimo scopritore di talenti di Walter Ciminiera Sabatini ha perso definitivamente bussola e materia grigia. Sarà forse colpa del catrame nicotinico che è arrivato al cervello, ma pure il Clint Eastwood de nò altri – finalmente liberato dalla presenza oxfordiana di Frank Baldini – ha ammainato definitivamente l’ultima bandiera congnitiva giallorossa.
L’ex tecnico dei miracoli lilliani sarà pure il miglior allenatore francese (e dico Ligue1, mica Premier o Bundes) dell’ultimo triennio. Avrà anche fatto le nozze con le lumache vincendo prima la coppa di Francia e poi lo scudo. Sarà anche stato inserito nella top ten della classifica lasciailtempochetrova dei migliori tecnici europei. Ma allo stato attuale di totale caos calmo romanista Rudi “the actor” Garcià era ed è l’ultima cosa di cui l’AS Unicredit Roma aveva bisogno. E cioè di un allenatore tanto roboante quanto inadeguato, che quando inizierà (se mai ci riuscirà) ad interpretare la capitale sarà già l’ora di ritornare a rimettersi le baguettes sotto le ascelle.
La stupida e testarda cocciutaggine con cui l’ambiente di Trigoria continua a sbattere le corna su reiterati colpi ad effetto psyco-fallimentari è strategia che fa onore al peggior Waterloo Bersani. Perchè se il flop di Lucho era già ampiamente annunciato e quello di Zeman salvato solo dal facile e drogato entusiasmo piazzaiolo, arrivare addirittura alla terza cazzata di fila rappresenta un mix più unico che rarefatto di incompetenza e schizofrenia radical chic. Errare humanun est. Ma perseverare è romanista.
Sembra quasi che si voglia compensare quell’assoluto vuoto cosmico societario ed organizzativo con scelte di facciata che servono soltanto a tener buona la folla popolana (altro grave problemone della Maggica). Che è quanto di più dozzinale e dilettantesco che vi possa esistere nell’universo pallonaro. Perchè il calcio non è certo scienza esatta, ma la sua gestione non può prescindere da una benchè minima ed elementare struttura aziendale di una qualsivoglia PMI. E se manca la pianificazione, se latitano le strategie ed è completamente assente la chiarezza dei ruoli, ecco che l’unica cosa possibile ed obbligata da farsi sono le cose semplici. Basilari, concrete, chiare e comprensibili. Concentrandosi sul materiale tecnico (di ottima fattura) presente in ogni reparto del campo. Senza assurde americanate e ciarlatani voli pindalici. Senza voler strafare per farsi fottere. Senza quello stupido ego mediatico imposto da una piazza che vorrebbe far giocare er Pupone fino a cent’anni.
Alla Roma serve e basterebbe come il pane – oltre all’ovvietà della decente gestione societaria – un allenatore esperto, normale e imprescindibilmente italiano. Senza tanti fronzoli e paranoie tattiche da calcio totale o millantante champagne. E senza quella puzza sotto il naso alla Blanc o quell’integralismo folle del “loco” Bielsa. Ve lo sareste immaginato il sergente argentino presentarsi al campo d’allenamento in Seat Marbella e dirigere le partitelle da sopra gli alberelli di Trigoria per aver una visione tattica migliore? Considerando quel e chi poteva arrivare, forse Garcià è anche il danno minore.
Alla Roma, sfumato Allegri per palesata inadeguatezza di trattativa oltre che per ostinazione del Galliani, serve e basterebbe uno alla Pioli. Un tipo non troppo giovane e abbastanza navigato per saper il fatto suo. Realistico, capace e con le palle giuste per sopportare lo stress quotidiano romanesco. Low profile, e massima resa. Ovviamente difeso e sorretto da Tex Willer Sabatini, e da ciò che rimane della società dei magnaccioni. E di questo profilo di tecnico, badate bene, ve n’è un’infinità nel panorama nazionale. Senza andare a impellagarci in Bretagna piuttosto che nelle Asturie o al mar della Plata. Perchè il nostro fùtbol sarà certamente disastrato sul piano tecnico e finanziario, ma in quanto a mister siamo ancora tre quattro spanne sopra il cielo. E come Pioli potrei dire Sannino. Ma anche Colantuono. Oppure Corini. O magari un deb come Nicola, perchè no. E pensare che l’asso nella manica ce l’avevi già (Vincenzino, ndr), ma poi hai preferito le fottute sirene blaugrana. Bah.
Serve inolte dire a chiare e cubitali lettere – alla piazza e a quella manica di pecore ultras – che è necessario cominciare da zero, anzi da un sesto posto con 56 gol al passivo, per la precisione. Senza balle alla francese o proclami spagnoleggianti irrealizzabili. Perchè per il fùtbol bailado c’è tempo. Ora servono solo punti, difesa ed Europa. All’italiana. Con diagonali, sangue e sacrificio. E rinviando anche alla “viva il parroco”, se è necessario. Con buona pace del maestro Sacchi e di quei fumosi benpensanti pallonari da solotto buono (a nulla) come Giancarlo “chestaiaddì” Dotto, che rivedono nell’arrivo di Rudi Garcià una sceneggiatura romanzesca alla John Huston. Ma magari ha ragione lui, il Dotto, perchè forse il pallone non segue alcuna logica ponderata, ed è semplice arte per sognatori piuttosto che musica per compositori improvvisati. E aver la faccia d’attore o la garra di Mou conta di più che qualsiasi organizzazione tecnico-tattica.