Sabato ci siamo imbattuti nella solita farsa-intervista del pretino Fazio ad un suo esponente politico amico, nella fattispecie il ministro Cècile Kyenge  (sì, a noi piace ancora usare il maschile istituzionale, sperando di non essere tacciati di vilipendio all’integrazione). E dopo aver assistito ad una serie infinita di domande e risposte futili, arcinutili e di un vuoto cosmico buonista che manco il miglior Enrico Letta nelle sue giornate di grazia (per farla breve, sarebbe bastato chiederle: “E’ cosciente che non è possibile accoglierli tutti?”), che hanno messo in luce, oltre alla sufficiente (ma non oltre, per favore) padronanza lessicale del ministro, ed una totale inconsistenza ed inadeguatezza di una figurina messa lì solo per ipocrisia scenica politico-morale, ecco che ci sovviene d’impulso la mlònsomiglianza de nò altri.

Cècile Kyenge è Mohammed Alì (o Cassius Clay, se vi pare). Sì, avete capito bene (ma tranquilli, non aboliremo l’Ici). La somiglianza non è perfettamente collimante e spiaccicata, ma ci siamo. Occhi grandi e seriosi tipo sfinge, ma che rilasciano del buono. Labbra carnose ed incollate, che dimostrano fierezza e volontà. Chioma nera e afro-gommosa. E quello sguardo fisso tenebroso solo all’apparenza inespressivo e minaccioso. Oltre a quel background di lotte e sofferenze giovanili che li lega anche da un punto di vista umano. Certo, una c’ha degli orecchini a palla e l’altro dei guantoni da boxer. Per il resto, fratelloni separati alla nascita.

Sarà vero? Sara falso? SarAlì?

 

 

 

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