Il solito spiegamento (legittimo, per carità) di striscioni e bandieroni Fiom, CGIL ed altre sigle satellite minori, senza disdegnare anche quelle del Che-Guevara (sempre buono per tutte le stagioni), oltre alle simpatiche new entry di quei micro simil-partiti di ispirazione comunista, come quello del Partito marxista-leninista italiano che, non si capisce, come faccia a fondere assieme due culture così opposte, come quella del filosofo e del dittatore. Forse l’obiettivo era quello di accentuarne la forza del pensiero, ed il solo Carletto Marx non faceva sto gran effetto.
Lasciam perdere sigle, siglette e stacchetti vari, perchè la manifestazione di oggi, come ognuno di voi avrà ben notato anche dalle tante foto scattate dai siti internet, non è altro che l’ennesima impastata riproposizione dell’ennesimo corteo anti-tutto e anti-Berlusconi. Un NO! continuo, lagnante e neppur così convinto, che i Camusso boys mettono in scena praticamente una volta al mese. Questo è, che lo si dica chiaramente, e che loro lo dicano apertamente, perchè nella realtà dei fatti non sanno un cazzo di quello che sta per essere o non essere approvato, ed il loro unico ed esclusivo coro è quello di riproporre e ripetere ad ogni stagione governativa quelle che erano le richieste di Luciano Lama, di Antonio Pizzinato e di Bruno Trentin, con la lieve e significativa differenza che tra gli anni ’50 e ’70 era sacrosanto gridare per i diritti dell’operaio e per la lotta di classe.
Ora, badate molto bene, non sto dicendo che oggi non vale più la pena lottare per chi si spezza la schiena sotto un tornio, sto semplicemente affermando che questi retrogradi del sindacalismo italico sono rimasti tali e quali a quei tempi, a 40, 50, 60 anni fa, mentre, ci consentiranno Crapa Bersani e Nicolino Vendola, i diritti dei lavoratori, le fabbriche, ed il mondo in generale, hanno fatto passi millenari, forse doppiando la distanza tra Terra e Marte.
Loro no, rimangono lì, nel piedistallo, proprio su Marte, perchè quello che vogliono è il medioevo, il ritorno ai picchetti, alle risse ed ai megafoni davanti ai fabbriconi degli anni settanta. E proprio lì si sono fermati, con quell’ideologia astratta ed ottusa che non fa altro che rovinare il Paese (ottuso pure lui, ad ascoltarla), ma anche l’istituzione stessa del sindacato che, invece, negli anni sopra citati, era davvero un organismo di lotta, ma di quella costruttiva e leale. Ora solo una parola ripetuta all’infinito: protesta, protesta, fortissimamente protesta. Di proposte neppure il solco o, quelle che si fanno, rimangono impantanate nel campo illusorio del puro astrattismo proletario. Roba che neppure Togliatti, Natta o Bertinotti.
Quella di oggi è una CGIL tirannosaurica, come il suo condottiero, che si mette il cappellino alla Cipputi ed è ancora selvaggiamente legata a quei riti della preistoria comunista, che rappresentano il simbolo di una categoria che non sa e non vuole progredire. Perchè se ne sta bene lì, in piazza, a sbraitare nostalgica gli stessi slogan di un tempo, ma che oggi sono completamente vuoti. Perchè dicono tutto, ma non sanno un bel nulla.