“Non ho visto se la palla è entrata, ma non avrei aiutato l’arbitro”. Queste le dichiarazioni del numero uno bianconero nell’infuocatissimo ed agitatissimo dopo gara di Milan-Juve, che hanno creato polemiche calciofile a non finire. E la solita mareggiata di latente ipocrisia. Con il presidente degli arbitri Nicchi che crocifigge Buffon dipingendolo come esempio sbagliato per le nuove generazioni. Ma ci faccia il piacere, egregio numero uno dell’Aia! Suvvia. Maddai. Dai nèn.
Iniziamo col dire che è ora di smetterla con questa manfrina nazional popolare sugli esempi da seguire ed inseguire, e sul fatto che calciatori, piuttosto che cestisti o sciatori debbano infondere un solco morale che va preso dogmaticamente alla lettera. Boiate, null’altro che puttanate. Si tratta di ragazzi di venti e trent’anni il cui obbligo è quello di fare i professionisti per le società che li pagano, e non devono infondere altro che non sia il rispetto della loro pratica sportiva. D’altra parte, è un insulto a tutta l’intelligenza e libero pensiero italico affermare che i giovani della penisola prendano come esempio di vita, cultura e morale gente come Buffon, Gattuso, Del Piero o Ibra. Non che questi non siano grandi grandi atleti o bravi ragazzi, ma perchè dubito che rappresentino l’ “esempio” dell’immaginario collettivo.
Fatta la premessa, entriamo nel merito. Sottoscrivo in calce ogni singola sillaba di ciò che ha affermato Gigi Buffon, sia nell’immediato dopo partita, ma anche nelle dichiarazioni di ieri, che esprimono una fermezza ed un orgoglio da far venire la pelle d’oca: “Ridirei esattamente tutto quello che ho detto sabato sera. Sono contento di come sono, sono ancora più orgoglioso di essere fatto in questa maniera, sono molto più leale di tanti retorici che si accaniscono dietro a determinate frasi. Questo è un mondo in cui ognuno dice la sua. Io non devo giustifcarmi, la gente scriva quello che pensa, io ripeto che in quella situazione non ho visto nulla”. Queste sì, parole da scolpire da esempio in ogni stadio italico e da brevettare in eterno nelle teche di Coverciano. Applausi a Buffon, a scena aperta. Con standing ovation allegata. E fischi sonori a Nicchi e a tutta la compagnia cantanti che richiede un’assurdo ed insensato intervento del santo Moralizzatore pallonaro. Che va sempre retoricamente in onda nelle rarissime (o meglio uniche) interviste che escono dal binario del classico e piattissimo formato del copia incolla radiotelevisivo.
Ci si lamenta da anni dell’inconsistenza ed arci nota ripetitività delle dichiarazioni dei giuocatori nel post-partita, tanto che chiunque di noi potrebbe egregiamente sostituire i vari Totti, Zanetti e Marchisio, poi quando finalmente se ne esce uno schietto, pulito e senza peli sulla lingua che facciamo, lo esponiamo al pubblico ludibrio mediatico crocifiggendolo in sala mensa nel sacro nome della falsa etica morale. Roba da matti (o da Nicchi). E tanto più dovremmo esserne orgogliosi se colui che se ne esce dal seminato è anche il capitano della Nazionale, oltre che uomo simbolo del fùtbol tricolore. Uomo che dice sempre la sua, mai banale, fregandosene dei grandi sistemi e delle Sante Alleanze, che va sempre dritto al nocciolo ed alle questioni, senza la pretesa di dover essere o fare da esempio per la nuova civiltà contemporanea. Mentre nelle stanze dei Palazzi pallonari vige ancora quel puritanesimo che ha portato alle disfatte e malefatte dell’attuale mondo del Calcio. Stadi vecchi ed allagabili timbrati Italia ’90, campi di patate sconsigliati anche alla semina, media spettatori da Liga portoghese, biglietti cari ed impossibili da prenotare, e quel senso di insicurezza e precarietà del tutto che non può che tenerti inchiodato al divano di casa. E ovviamente a pagare la buona e cara pay-per-view. Così, in mezzo a questo marasma di cariche ed incarichi che non sanno neppure accordarsi su uno sciopero od una data di recupero, e tra Federazioni e Leghe commissariate che non tengono una linea comune neanche ad agosto, ecco che si utilizza il Gigione nazionale come capro espiatorio unico per assolversi da ogni peccato e contro ogni turbamento. Questo è l’esempio che ci danno i vertici del pallone. Almeno quelli arbitrali, con il pupazzo Nicchi che tuona ancora più ridicolo: “Avevo preso in considerazione l’idea di mandare il prossimo anno gli arbitri in sala stampa, ma dobbiamo fare un passo indietro”. Sentenziando poi come chi sa di avere il coltello dal manico e dando avvertimenti degni del miglior creditore mafioso: “D’ora in poi applicheremo il regolamento alla lettera”. Embè?! Già che c’è, dottor Nicchi, veda anche di ripristinare il sorteggio integrale e di introdurre il tanto sbandierato professionismo arbitrale. Se non è troppo impegnato in questioni morali, s’intende.
doveva aver almeno le “palle” per star zitto.
altrochè santo, coniglio.
franck
sono con Gigi, vero numero uno!! lau
Buffon scemo di merda.
Cicci