Per la rubrica “Mlòninterviste” quest’oggi la redazione di mlon13.com ha intercettato il giovane PJ, economista e politologo romagnolo – oltre che dichiaratamente ed orgogliosamente di sinistra – già nostro autore in un non troppo recente passato. Con PJ abbiamo cercato di sbrogliare la matassa della crisi che sta avviluppando l’Italia ed il vecchio continente oramai da oltre un bienno. Passando ovviamente per la non meno ingessata situazione politica di casa nostra. Salve PJ. Lunedì il presidente della Bce Mario Draghi ha così esortato il Parlamento Europeo: “Il disagio sociale in alcuni Paesi è una tragedia”. Si riferiva anche e soprattutto all’Italia? Draghi appartiene all’elite europea, penso si riferisse ai paesi del sud in genere. Non bisogna pensare a lui come all’uomo della salvezza, era lui alla guida di Goldman Sachs Europa quando la banca d’investimenti ‘aiutò’ la Grecia ad entrare in Europa falsificando i bilanci nazionali attraverso derivati sui cambi (poi dite voi quanto l’abbia aiutata). Draghi adotta piuttosto un approccio americano secondo cui non si uccide il cliente – o servitore a seconda dei punti di vista – perchè poi le cose rischiano di peggiorare anche per il ‘fornitore’, o padrone. Draghi ha anche paventato il forte rischio europeo riguardo al prolungarsi del periodo di recessione. Vuole spiegare ai nostri lettori il significato di tale “angosciante” seppur purtroppo oramai consuetudinaria parola? Si ha recessione quando i redditi calano rispetto al periodo precedente, poi in generale subiscono un anche fenomeno di concentrazione. Si guadagna meno complessivamente ma i ricchi finiscono per guadagnare pure più di prima. Grazie del necessario chiarimento. Concorda con le parole del Presidente della Banca europea, che cioè sia la recessione cronica il principale rischio “sistemico” del vecchio continente? Si. Durante una recessione i lavoratori perdono il lavoro e hanno meno soldi, riducono gli acquisti, le aziende non hanno ordini e chiudono e con meno reddito non possono ripagare i loro debiti mettendo in seria difficoltà le banche che hanno erogato i prestiti. E così via in un circolo vizioso di depressione. La crisi che stiamo vivendo, lo sappiamo, ha avuto il suo germoglio dalla crisi strutturale del sistema-banche. Draghi ha ribadito anche oggi tale crisi, che ha portato all’aumento dei premi di rischio e che danneggia la capacità di credito. Il risultato è l’estrema sofferenza in cui versano le PMI di tutta Europa. Lei che ne pensa? Bisogna ricordare che se stiamo attraversando una crisi di debito internazionale qualcuno ha prestato dei soldi che non riesce ad avere indietro e il debitore sta in un paese diverso. Individuare chi ha prestato e come mai chi deve pagare non è in grado è fondamentale per capire il punto. La crisi è stata innescata dalla bolla dei mutui sub-prime negli USA ma i meccanismi europei sono completamente diversi. In Europa e soprattutto in Italia le banche non hanno prestato in modo scriteriato. Il problema europeo è di natura piuttosto diversa, risiede negli sbilanci di pagamenti dovuti al fatto che alcuni paesi – quelli della periferia – importano di più e altri preferiscono vendere all’estero (in Germania) invece che dare un salario decente ai propri lavoratori. In tutto ciò la moneta unica ha giuocato un ruolo fondamentale. Irrigidendo il cambio risulta svalutata per alcuni (Germania e paesi nordici) e troppo forte per tutti gli altri, Portogallo-Irlanda-Grecia-Spagna in particolare. Quelli con un cambio reale indebolito esportano e gli altri importano generando enormi crediti commerciali che ora cercano una soluzione. Veniamo al sistema Paese Italia. La settimana scorsa la Commissione Europea ha concesso maggior flessibilità per i bilanci dei Paesi con i conti in ordine. Il premier Letta ha esultato come al gol di Rivera a Messico ‘70. Lei concorda con tanta eccitazione? Per niente. Se non fosse tragica ci sarebbe da schiantarsi dal ridere. Secondo Letta, l’Europa ci premia con una maggiore flessibilità consentendo un “possibile intervento sostanzioso”, che deve essere attivato senza sforare il tetto del 3% del deficit. Il premier si è dimostrato molto soddisfatto per aver raggiunto il suo obiettivo: sottomissione completa all’Europa. Bisogna ammettere che Letta è una persona positiva, non ha perso il suo buon umore nemmeno dopo che Olli Rehn ha sottolineato che tutta questa flessibilità va esercitata nel limite del deficit di bilancio del 3% posto dall’Europa e con investimenti limitati ai progetti autorizzati da Bruxelles. Cioè non possiamo finanziare ciò che serve a noi e al nostro paese, ma ciò che interessa il ‘più ampio’ progetto europeo. Verrebbe da dire che le colonie africane avevano più libertà del Governo Letta. I politici dovrebbero almeno saper far di conto e conoscere i principi elementari dell’economia. A giudicare dallo sfascio dell’economia italiana eviterei di accertare il secondo punto, ma i conti? Come fa uno ad essere felice del successo, entusiasta di un premio con la clausola del 3% sul deficit? Ora tutti sanno che nella crisi le imprese chiudono e la gente perde il lavoro, con un maggiore onere per lo Stato in termini di ammortizzatori sociali e minori entrate fiscali per calo del PIL e incentivi fiscali. Contemporaneamente, i tagli promessi alla spesa pubblica improduttiva vengono smentiti: le province rimangono, e i militari ri-vogliono i loro costosi F35. Ci vuole molto poco a capire che se non si comincia una politica espansiva il deficit non può che peggiorare. Durante gli incontri con la Merkel e soprattutto con Hollande dei primi giorni del suo mandato, Letta sbattè i pugni e rivendicò l’indipendenza italiana dal “sistema tedesco”. A qualche mese di distanza le sembra che tale linea sia rimasta inalterata? A me pare peggiorata. Oltre il danno di tutti i parametri economici in declino e le prospettive in peggioramento, c’è la beffa del premio dell’uscita dalle penalizzazione per debito eccessivo, che toccavano solo a noi. Vale proprio il detto “chi pecora si fa, il lupo se lo magna”. La crisi economica nazionale pare non dar tregua. Le imprese muoiono, e gli imprenditori si uccidono. Come giudica in questo senso la gestione del Governissimo, soprattutto riguardo al “pacchetto lavoro” varato il mese scorso? Che dire del pacchetto lavoro che già non abbiano detto altri, che poi dovrebbero essere compagni politici del governo che l’ha proposto ma sembrano agli antipodi. Chi si sia spostato dalla propria posizione naturale è facile dirlo. Un partito di ex-sinistra ha, di fatto, dichiarato guerra ai lavoratori anche con il “pacchetto lavoro” che, privando i contratti a termine di “causa”, in un paese dove è stato modificato l’articolo 18 e il 90% dei nuovi assunti sono precari permette, nei fatti, di usarli in alternativa al contratto a tempo indeterminato. Un governo di pseudo-sinistra dunque raggiunge l’obiettivo tentato da diversi governi conservatori per parecchi anni: derogare ai diritti universali dei lavoratori stabiliti dalla contrattazione nazionale collettiva. Alcuni hanno definito il governo Letta il “governo del rinvio”. Dall’Imu, alle Province, e pure alla nomina della vice-presidenza della Camera. L’esecutivo più meticcio della storia si sta arenando su temi di “principio” politico, continuando invece a rimandare le cosiddette riforme strutturali? L’Italia si è posta su una traiettoria inerziale verso il baratro tracciata dall’Europa. Il governo – decisamente poco patriottico – non ritiene di dovere scostarsi da questo percorso suicida tracciato dall’attuale premier. Se non cambiamo strada finiremo per arrivare dove stiamo andando. Il governo non ha particolari principi, prende semplicemente tempo perchè ha delegato ad altri le decisioni chiave sul nostro paese. Grazie PJ. Grazie a lei, Mlòn.
E chi sarebbe sto fenomeno di PJ?! questa è economia de vò altri, altrocheè. non si capisce un cazzo!
ciao Mirco,
non è facile trattare cose anche complesse in poche righe ed essere chiaro per tutti.
se hai una domanda in particolare posso provarci.
è tutto incmprensibile, chiederò al direttore la tua rimozione. qui è come essere al bar, non al simposio, caro PJ.
Che poi, che cazzo vuol dire PJ?!
non occorre neanche rimuovermi, non sono di qui, passavo per caso.
sotto pare abbia già risposto Angelo: avere qualche barlume su temi economici aiuta a capire da dove arriva.
Anche io lascerei perdere, ma è l’economia ad interessarsi di me.
PJ ci ricorda come andò a finire l’ultima volta che abbiamo fatto il filo alla germania.
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_partigiano_Johnny_(romanzo)
ah pure partigiano comunista magna bambini.. annamo bbène
Proverò ad aggiornarmi e ad elevarmi al tuo stato, che vuoi che ti dica
esperto di economia che si ispira ad un partigiano… siamo ai titoli di coda…
1. i partigiani comunisti sono una minoranza estinta, se ne trovate uno ditemelo ha quotazione altissima
2. si siamo praticamente alla parola fine, sulla strada del governoLetta finiremo per dare ragione a Grillo
Si forse un po tecnico ma concordo con l’analisi. Draghi fottiti
cosa siete analfabeti?! mi pare anche troppo comprensibile. e abbastanza schierato a sinistra ecologia e libertà
ciao Angelo,
hai ragione oggi è necessario avere qualche cognizione economica, se no te lo ritrovi in der posto e manco capisci perche.
lo schieramento era dichiarato fin dall’inizio, su SEL hai indovinato solo per pochi mesi… complimenti
che cul….tura
guarda Giulio,
non è nemmeno tanto colpa del Drago (per quanto come Gold-Man è un filibusto per definizione), è soprattutto colpa nostra che ci siamo fatti fottere da una manica di pirati.
Non è nemmeno questione di dx o sx, qua serve un patriota che avesse a cuore il paese, prima di tutto!
patriota?! qui pero mi scadi di brutto PJ. Qui ci vuole uno con i controcazzi, altrochè patriota o finto nazionalista del cazzo?! dai su
e infatti ho detto patriota (magari c’era una parola migliore) e non nazionalista: uno insomma che abbia a cuore le sorti del paese e non lo svenda ad un orda di banchieri.
direi che i controcazzi sono obbligatori per mettersi contro a questi abbarbicati alle poltrone.
Caro PJ,
senza entrare nel merito di alcune delle cose che hai scritto (parlare di economia oggi partendo da concetti quali i “lavoratori” o “salari” è superato – grazie al cielo tutti gli economisti del mondo sostengono la totale inapplicabilità del marxismo ad ogni sistema economico), vorrei solo ricordarti che molti dei problemi che tu rilevi sono stati causati dal grandissimo Romanone Mortadellone Prodi e dalla sinistra che lo ha appoggiato per decenni.
Un saluto
Grazie Simon per la precisazione, totalmente d’accordo con te sul Mortadella e tutto il clan che ha svenduto il paese per mantenere la poltrona.
Sul marxismo sono piuttosto impreparato, mi sa che ne sai più tu, ti ascolto volentieri, offro io l’aperitivo.
A me danno ancora un salario, per ora, a te come ti pagano?
Limitare i salari è ancora il metodo certo per contenere l’inflazione (curva di Philips docet; Mirco non t’agità è fra parentesi) e se la moneta è unica chi ha meno inflazione è più competitivo.
Chiedere alla Germania che ha fatto quattro riforme Fornero (lì si chiama Hartz, uno che non gli scendeva la lacrima facile).
Ti ringrazio per l’invito, ma non credo che ci sia niente di più noioso che prendere un aperitivo e sentirmi parlare di marxismo.
Per tornare a noi, anche il mio lavoro viene pagato con un salario, e fin qui tutti d’accordo. Il punto è un altro.
Il tuo ragionamento, pur avendo una sua logica, parte da presupposti sbagliati per arrivare a conclusioni altrettanto errate.
Recessione non vuol dire che “i redditi calano rispetto al periodo precedente”, anche ma non solo. La tua definizione è riduttiva. Recessione è quella situazione dove tutta l’economia non cresce,anzi regredisce. Ma perchè le aziende chiudono? Non certo perchè i salari sono bassi e quindi diminuiscono gli acquisti.
Credo si debba fare un passo indietro: le aziende chiudono, e quindi si abbassano i salari, perchè le banche non fanno credito. Poi possiamo discutere mille anni sul perchè le banche non fanno credito ma impostare un ragionamento sul perchè di questa crisi partendo dal fatto che i salari sono bassi, esclude una serie di variabili da cui non possiamo prescindere. La curva di Philips altro non illustra che gli effetti di un crisi (nel senso della correlazione tra prezzi e disoccupazione) ma non la si può certo utilizzare per trovare i presupposti di una crisi che a mio parere sono da ricercare nei risvolti psicologici e culturali degli attori del mercato (aziende e consumatori).
La riforma Hartz in Germania ha funzionato perchè la cultura protestante dei tedeschi agevola tali politiche di austerity (senza considerare che tale riforma fu attuata nel 2006 prima del tracollo di Lehman Brothers ancora in periodi di vacche grasse).
il problema numero uno è che non esiste una politica che sa decidere. Non si taglia lo stato ladro, anzi. Non si usano i tagli per abbassare le tasse. Non si aiuta l’impresa. Non si riforma questa cazzo di giustizia pachidermica. Non si fanno infrastrutture dai tempi del Duce perchè sti cazzo di no-tav vogliono salvaguardare due vacche magre. Ma comunque, forza Italia.
insisto sull’invito e parli di quello che vuoi, ti trovo piuttosto informato.
Rispondo solo ad un pezzo per non essere io noioso.
Le aziende chiudono perchè manca la domanda o questa si dirige verso offerte più competitive.
Un modo per migliorare la competitività velocemnte è ridurre i costi, in genere quelli più flessibili sono i salari.
Con le riforme del lavoro (introduzione della precarietà e salari bassi) in Germania i salari sono cresciuti meno della produttività e, col cambio fisso, nel tempo è risultata più competitiva dell’Italia di ca. 20%.
Poi quello che dice 3monti qui sotto è tutto vero: in Italia non si prende una decisione una, infatti si è delegato all’Europa e ci si è lagati mani e piedi coi vari patti di stabilità.
e ora se vuoi lavorare ti tocca migrare
La curva di Philips ti dice che c’è un trade-off tra inflazione e disoccupazione.
Se vuoi ridurre velocemente l’inflazione devi fare più disoccupati. Le recenti riforme del lavoro servono a questo.
Personalmente preferisco un pò di inflazione e meno disoccupati.
è solo un opinione, ma tanti disoccupati poi (giustamente) s’incazzano e diventa un casino
quanto hai ragione, Simon. Via i concetti di satalismo, consociativismo, sindacalismi. Sì al mercato, alla flessibilità, al lavoro non indeterminato.
e infatti: ora solo uno su 10 dei nuovi occupati ha un contratto indeterminato e le banche non gli fanno più credito nemmeno per il cutter per tagliarsi le vene.
Nessuno nega che la spesa pubblica possa e debba essere meglio spesa, ma vi ricordo che la spesa pubblica è sempre un ricavo privato, se la tagli in tempi di crisi il paese va in recessione.
Sta scritto al capitolo uno: contabilità nazionale.
qui si parla di mentalità, caro PJ. Ma mi pare che tu sia ancora annodato alla gonna della Camusso. Non in unione sovietica
anche di mentalità so pochissimo caro Mirco, io provo a capire un pò le dinamiche economiche con cui ce lo schiaffano “in der posto” e a spiegarle quando ci riesco.
Poi personalmente, preferisco dividere la pagnotta un pò meglio invece che lasciarla ad una parte ridotta di popolazione, ma questa è solo un’opinione.
Con la Camusso non c’ho mai parlato e posso aspettare.
Se posso scegliere preferisco Landini.
Non è che magari sei tu quello con mentalità che gli altri hanno torto?