— by Simon —

Quando con la redazione di mlon13.com ci siamo accordati per “Giustizia de nò altri”, ho subito pensato che, in un paese dove i media negli ultimi vent’anni hanno trattato quotidianamente dei problemi giudiziari di Silvio Berlusconi, avrei facilmente trovato argomenti interessanti per la rubrica.

La trattativa Stato-Mafia, il caso Ruby, la condanna definitiva per i diritti Mediaset, il maxi-risarcimento Cir e la decadenza di Berlusconi sono solo un esempio di cosa questa rubrica avrebbe dovuto trattare in questi mesi. Avrei potuto scrivere di società off-shore a matrioska per frodare il fisco, retroattività della legge penale, proporzionalità del risarcimento civile e altri tecnicismi dai quali non si può prescindere per una cosciente discussione sul tema numero uno della giustizia italiana: Silvio Berlusconi. Ma ormai che senso ha analizzare il perché di condanne a Berlusconi in un paese dove almeno la metà degli italiani non ha fiducia nel nostro sistema giudiziario? Finiremmo per parlare di politica e non di giustizia. Quindi, niente Berlusconi. Parliamo di Giuliano Amato.

Il 12 settembre il Presidente della Repubblica ha nominato Giuliano Amato giudice della Corte Costituzionale, organo supremo in materia costituzionale in Italia. Il compito della Corte Costituzionale è verificare se le leggi emanate in Italia contengono disposizioni contrarie ai principi sanciti nella Costituzione. In soldoni, la Corte ha il potere di bloccare qualsiasi legge fatta dal Parlamento se ritenuta incostituzionale anche per un qualsiasi cavillo. Il potere di cui sono investiti i giudici della Corte Costituzionale è quindi immenso.

All’età di 75 anni Giuliano Amato si trova a rivestire un ruolo fondamentale per il processo di riforma del Paese. Dopo essere stato Presidente del Consiglio, Ministro dell’Interno, del Tesoro e presidente dell’Autorità Garante della concorrenza, incarichi per i quali ha cumulato pensioni per un totale di 31.000 euro lordi al mese, Giorgio Napolitano gli ha fatto un altro regalino, l’ennesima pensione che cumulerà (toccando quota 64.000) .  Sorge spontaneo chiedersi perché proprio lui, perché non scegliere un giovane-non-pensionato-d’oro e perché proprio Amato che è il più significativo esponente della cosiddetta casta.

Domande lecite, ma il dato interessante è un altro. Finalmente la Corte Costituzionale avrà un altro giudice del Nord. Fino a prima della nomina di Amato, su 15 giudici se ne contavano 4 dalla Campania, 5 dal Lazio, 3 dalla Sicilia, 2 dalla Lombardia ed un dalla Toscana. Solo tre giudici su quindici provenivano dal nord, ora il numero sale a quattro, essendo Amato torinese.

 La Corte Costituzionale è composta per la stragrande maggioranza da giudici provenienti da quella parte dell’Italia che più vive di aiuti statali. Il Sud vive dello Stato italiano il quale ha utilizzato l’impiego pubblico come ammortizzatore sociale per almeno quarant’anni.  Come si può sperare nelle riforme se l’organo istituzionale preposto alla loro approvazione è composto da persone che culturalmente provengono da quella parte d’Italia a cui meno interessa riformare il paese.

È indiscusso che le riforme in questo paese debbano passare per una consistente riduzione della spesa pubblica attuabile anche attraverso il licenziamento di dipendenti pubblici che si trovano maggiormente nel sud d’Italia (tra cui i giudici stessi della Corte). Questi dipendenti garantiscono la sopravvivenza della burocrazia, il cancro dell’Italia. Per far funzionare la burocrazia sono necessari tanti dipendenti pubblici, viceversa per assumere pubblico impiego è necessario burocratizzare il paese. È come un cane che si morde la coda, e da qualsiasi parte la si guardi è necessario licenziare dipendenti pubblici per alleggerire lo Stato e riformare il paese.

Tutte le volte che la legge sull’abolizione delle provincie arriva sul tavolo dei giudici della Corte Costituzionale, puntualmente viene cassata per incostituzionalità. Si pensi all’introduzione del regionalismo elefantiaco della riforma del 2001 e a tutte le bocciature di ogni forma di federalismo, fiscale e non.  La Corte Costituzionale è il paradigma della meridionalizzazione delle amministrazioni pubbliche che nel Sud d’Italia vengono gestite come durante il Regno Borbonico, lo strumento con cui un gruppo di persone ha accumulato privilegi e garanzie a discapito del popolo (è notizia di ieri che il Parlamento della Sicilia ha bloccato la spending review che prevedeva una riduzione dello stipendio dei membri dell’Assemblea da 13 a 11 mila euro al mese).

Non che la presenza di Giuliano Amato porti ora una ventata di riformismo nelle scelte giudiziarie della Corte, ma lo spunto può essere interessante per una discussione sui veri problemi dell’Italia che non sono le puttane e le frodi al fisco di Berlusconi.

 

La polemica Amato-FattoQuotidiano

 

 

 

 

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