Facciamola breve. Brevissima. Noi stiamo col cameriere. Sì, proprio con lui. Con quello che il 29 luglio scorso, in una pizzeria della bassa Manduria, ha appuntato sul proprio palmare da ordinazione la frase incriminata e cosiddetta omofobica (tanto oggigiorno tutto diventa o si tramuta più o meno in omofobia patologica latente): “Mi raccomando so ricchioni”. Non rendendosi conto affatto che non lo stava scrivendo sulla classica non ancora desueta commanda del buon cameriere, ma su di un marchingegno tecnologico che avrebbe trascritto ogni virgola e starnuto sulla ricevuta fiscale della suddetta pugliese pizzeria. Na’ cazzata. Na’ goliardata anti professionale che merita certamente una punizione. Perchè il ragazzo sapeva della “seriertà” dello strumento utilizzato. Perchè è comunque una presa per i fondelli verso clienti paganti del locale, indipendentemente dai di lor gusti sessuali. E perchè in questo momento storico pruriginosamente suscettibile a tutto ciò riguardi la sfera omosex, la gaffe risulta ancor più sconveniente e stupida. Perchè di gaffe si tratta. Di simil zingarata che magari chissà quante volte un garcon scrive sull’ordine mostrandolo al proprio dirimpettaio, riferito alla qualsivoglia coppia, piuttosto che al qualsivoglia omo o donna che sia. Per farsi due risate da infante. Per cazzeggiare un po’. Per far passare in modo più irriverente il proprio tempo squinternato.

“Mi raccomando so’ ricchioni”

 

 Bene allora che i ragazzi gay siano andati a rimostrar lo scontrino al responsabile e proprietario. Benissimo le scuse e le contro-scuse del maldestro servitore. Legittimo e pure giustificabile che il quartetto non metta più piede in quel di Cazzizi. Bene pure la cazziata e la punizione al cameriere (sospensione, multa, lavaggio di piatti a go go, o altri eventuali). Ma completamente assurdo ed arcipocrita che l’inetto venisse licenziato in tronco a causa del maltorto gay. Perchè è di questo che si tratta. Perchè è questa la realtà accaduta. Il titolare, per non aver rogne e beghe più o meno mediatiche ed essere etichettato a vita come il “gestore del locale omofobo”, ha preferito scegliere la strada più svelta, più rapida, più democristinamente indolore. Togliere tutto il dente, seppur in gran parte sano. Onde evitare dubbi, minacce e clamorose petizioni via Twitter che ne avrebbero chiesto a gran furore retorico populista l’allontanamento del lavorante. Ha voluto anticipare l’onda omo-corretta. Ha voluto chiuder la porta al pischello in modo pilatesco. Fregandosene della questione in se’. E preferendo accontentare la Casta gay friendly. Buttando ancor più clamore a benzina sulla vicenda. Discriminando – lui sì omofobicamente – il proprio personale. Oltre al quartetto gay, che certo non chiedeva un trattamento hors categorie, ne’ tanto meno di favore. Ma soltanto le dovute scuse. E magari un giro di amaro o di lemoncino offerto.

 

BrindisiOggi.it

Manduria, negato sagrato per dibattito su omosessualità

 

 

 

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