Fino a pochi giorni fa il leader maximo del verde carroccio dichiarava deciso ai microfoni che gli chiedevano che volesse fare la Lega rispetto al caso Papa: “Arresto”, tuonò l’Umberto.
Passa qualche ora, e siamo al 16, di luglio e, sollecitato nuovamente sull’argomento, ecco che il senatùr borbotta: “per ora niente manette”. E non finisce qui (come amava il compianto Corrado) perchè, nemmeno ventiquattrore, e il Nostro si rimangia tutto nuovamente, in un sol boccone. Domenica, Bossi esclamò: «La Lega vuole votare per il suo arresto, penso che la Lega voterà per il suo arresto».
A questo punto verrebbe da chiedergli, al’Umbertone nostro: “Ma è per davvero la tua risposta definitiva? l’accendiamo?”
E tra queste oscillazioni ed altalene di dichiarazioni più consone ad un mercato borsistico, tipico di questi giorni di assoluta incertezza finanziaria, ieri sera nuovo e forse decisivo incontro (alcuni mormorano anche per le sorti della legislatura stessa) in villa San Martino ad Arcore, vera base missilistica per le decisioni dell’asse-semovibile Pdl-Lega.
Pare che vi possa essere un’altra sterzata in quella che è la traiettoria a zig zag del pensiero bossian-leghista, tant’è che dalle indescrezioni uscite dalla villa presidenziale, parrebbe il voto padano sarà deciso dai deputati verdi questa sera, nell’assemblea del gruppo.
E non pensiate sia finita qui, c’è da scommettere che arriverà un altro colpo di spugna sulle note del Và Pensiero e, mio personalissimo pronostico, alla fine son certo la spunterà l’ala maroniana, quella moderata, quella governativa, e il buon Papa salverà la pellaccia.
Ora, sarà anche esilarante sentire ogni giorno tuonare il Paròn Umberto e, tra una pernacchia a Galan e un vaffa al tricolore, vedere come il popolo fedele leghista segua indissolubilmente il proprio pastore, zigzagando pericolosamente e rischiando ogni svoltata di perdere parte del gregge a pascolo.
Essì, perchè anche il partito più radicalmente fondato dalla sua base sulla figura immarcescibile del Capo supremo, che mai si può contraddire, che mai si può contestare anche davanti a sfondoni che nell’ultimo anno solare sono sempre più frequenti.
La Lega, occorre dirlo, ha bisogno di un’attenta riflessione al suo interno ma, ancor di più, di un cambio di guardia che arrivi prima dell’anno 2013, tempo in cui molto probabilmente vi saranno le prossime elezioni e, seppur con minor probabilità, verrà a meno la figura politca del Berlusca.
E’ noto ed evidente anche ai meno attenti e più miopi, che esistono due larghi filoni tra le maglie verdi del Carroccio: quella del capo, il senatùr, più rude e filo seccessionista, in cui si innalza Roberto il Lord Calderoli; quella più “italiana”, di Bobo Maroni, moderatamente governativa e meno popolana.
Il dilemma è, tanto più oggi, quello di sempre: è la Lega antimmigrati e con parvenze razziste del sor Borghezio oppure quella meno padana e più politica capeggiata dal ministro degli interni?
Il dopo Pontida ha scosso il partito, ancorato alla base ma desideroso di risultati e di decisioni irrevocabili. La pseudo lite Bossi-Bobo sulla riconferma di Reguzzoni come capogruppo alla camera ha teso ancor più la corda, ha spezzato l’ultimo imene.
Anche la gente della Lega mai come in questi tempi attende un segnale, e si è mostrata forse un pò più timida del solito nel raduno del giugno scorso, dove dal palco sono volate le solite invettive antiromane ed un simil-decalogo sui punti da eseguire per rimanere con Silvio.
Non basta, non è sufficiente, anche il “padano” vuole qualcosa d’altro, non gli basta più il solito grido ormai sbiadito di “Roma Ladrona”, o il coro ultras “Secessione, secessione”.
Serve una Lega costruttiva, non dietrologa, più concreta come lo era agli inizi del secolo, più decisionista come lo è nei suoi tantissimi comuni.
Basta agli improperi contro Alemanno, basta con quelle cazzo di targhette in ottone dorato messe davanti ad una reggia a far sembrare chissà quale ministero della monaca di Monza. Non dico che il carattere leghista debba modificare, deve essere meno rude e divenire più lordista che nordista, dico al contrario che se il partito di Re Umberto vuole continuare a restare in doppia cifra anche alle future elezioni, può restare sì un contenitore di rottura, ma ha anche bisogno di fare quel salto di qualità necessario nel prendere decisioni importanti ed impopolari, unitariamente e da condividerle con gli alleati, per poi portarle avanti senza alcun tipo di ripensamento o “aggiustamento” che tanto piace alla politica made in Italy.
Perchè se anche Bossi inizia a fare i giochini di palazzo e ci diviene democristiano, beh allora forse è venuta davvero l’ora della sua successione, cari amici padani. E, sia chiaro, ho detto successione, non secessione….